domenica 2 giugno 2013

THE SILENCE KILL

The Palestinian cause is not a fad, not a race, not a parade, the Palestinian cause, not a party, not a pastime and not a game. The Palestinian cause is not a sport and not a film.La Palestinian cause is an important commitment, a march towards the liberation of an oppressed people who need help. the help of us all, without exception, who needs help in the manner and extent to which each can. The Palestinian cause is Love for justice and peace, is Love to a people under siege for 65 years. If we do not understand that we have not understood anything.

sabato 25 maggio 2013

Lettera ad Israele

di Samer Issawi

Gerusalemme, 10 aprile 2013, Nena News - Israeliani, sono Samer Issawi in sciopero della fame da otto mesi consecutivi, attualmente ricoverato in uno dei vostri ospedali chiamato Kaplan. La mia situazione è monitorata 24 ore su 24 grazie ad un dispositivo medico che è stato inserito sul mio corpo. I miei battiti cardiaci sono rallentati e il mio cuore può cessare di battere da un momento all'altro. Tutti - medici, funzionari e ufficiali dell'intelligence - attendono la mia resa e la mia morte.

Ho scelto di rivolgermi a voi intellettuali, scrittori, avvocati, giornalisti, associazioni e attivisti della società civile per invitarvi a farmi a visita, in modo tale che possiate vedere ciò che resta di me, uno scheletro legato ad un letto d'ospedale, circondato da tre carcerieri esausti che, a volte, consumano le loro vivande succulente, in mia presenza. I carcerieri osservano la mia sofferenza, la mia perdita di peso e il mio graduale annullamento. Spesso guardano i loro orologi e si chiedono a sorpresa: come fa questo corpo così martoriato a resistere dopo tutto questo tempo?

Israeliani,

Faccio finta di trovarmi innanzi ad un intellettuale o di parlare con lui davanti ad uno specchio. Vorrei che mi fissasse negli occhi e osservasse il mio stato comatoso, vorrei rimuovere la polvere da sparo dalla sua penna e il suono delle pallottole dalla sua mente,in modo tale che egli sia in grado di scorgere i miei lineamenti scolpiti in profondità nei suoi occhi. Io vedo lui e lui vede me; io lo vedo nervoso per le incertezze future, e lui vede me, un fantasma che rimane con lui e non lo lascia.

Potete ricevere istruzioni per scrivere una storia romantica su di me, e lo potreste fare facilmente. Dopo avermi spogliato della mia umanità, potrete descrivere una creatura che non possiede null'altro che una gabbia toracica, che respira e soffoca per la fame, perdendo di tanto in tanto coscienza. Ma, dopo il vostro freddo silenzio, il racconto che parla di me, non sarà null'altro che una storia letteraria o mediatica da aggiungere al vostro curriculum, e quando i vostri studenti diventeranno adulti crederanno che i Palestinesi si lasciano morire di fame davanti alla spada dell'israeliano Gilad e voi potrete rallegrarvi per questo rituale funebre e per la vostra superiorità culturale e morale.

Israeliani,

Io sono Samer Issawi il giovane "Araboush" come mi definisce il vostro gergo militare, l'Uomo di Gerusalemme che avete arrestato senza accusa, colpevole solo di essersi spostato dal centro di Gerusalemme verso la sua periferia. Io sono stato processato due volte senza alcuna accusa perché nel vostro Paese sono le leggi militari a governare e i servizi segreti a decidere mentre tutti gli altri componenti della società israeliana devono limitarsi a trincerarsi e nascondersi dietro quel forte che continua ad essere chiamato purezza di identità - per sfuggire all'esplosione delle mie ossa sospette. Non ho udito neanche uno di voi intervenire per tentare di porre fine allo squarciante gemito di morte. E' come se ognuno di voi - il giudice, lo scrittore, l'intellettuale, il giornalista, l'accademico, il mercante e il poeta - si fosse trasformato in un affossatore e indossasse una divisa militare. E stento a credere che una società intera sia diventata spettatrice della mia morte e della mia vita e protettrice dei coloni che hanno distrutto i miei sogni insieme agli alberi della mia Terra.

Israeliani,

Morirò soddisfatto e avendo soddisfatto gli altri. Non accetto di essere portato fuori dalla mia patria. Non accetto i vostri tribunali e le vostre leggi arbitrarie. Dite di aver calpestato e distrutto la mia Terra in nome di una libertà che vi è stata promessa dal vostro Dio, ma non riuscirete a calpestare la mia nobile anima disobbediente. La mia anima si è risanata, si è liberata e ha celebrato il tempo che le avete tolto. Forse capite che la consapevolezza della libertà è più forte di quella della morte... Non date ascolto a quei luoghi comuni, ormai obsoleti perché lo sconfitto non rimarrà sconfitto in eterno così come il vincitore non resterà un vincitore in eterno. La storia non si misura solo attraverso battaglie, massacri e prigioni ma anche e soprattutto dal sentirsi in pace con gli Altri e con se stessi.

Israeliani,

Ascoltate la mia voce, la voce dei nostri tempi, nonché la vostra voce! Liberate voi stessi dell'eccesso avido di potere! Non rimanete prigionieri dei campi militari e delle sbarre di ferro che hanno serrato le vostre menti! Io non sono in attesa di essere liberato da un carceriere ma sto aspettando che voi vi liberiate della mia memoria. Nena News

Traduzione Invictapalestina e Rossella Tisci

DOV'è DIO?


UNA SCONVOLGENTE TESTIMONIANZA DALLA BARACCOPOLI PIU' GRANDE E DISPERATA DEL MONDO, A NAIROBI, KENYA, DOVE I TURISTI SI RECANO PER CURIOSARE TRA LA MISERIA E

La miseria è come una guerra

Un dispaccio dalla baraccopoli più difficile al mondo

da Andre Vltchek
Nairobi 24 maggio 2013

Ti dicono 'pace', ma sai che si vive in una zona di guerra. Lo sai fin dall'inizio; ne hai la sensazione da quando eri un bambino o una bambina. Ti svegli ogni mattina, non certo se sarai testimone di un altro tramonto, se si verificherà un'altra alba.

Un proiettile può colpire in qualsiasi momento mentre cammini lungo la strada. Se sei una donna, puoi essere attaccata e trascinata in un vicolo al buio o in baracca sudicia lungo la strada, poi violentata.

I poliziotti sono molto difficili da trovare, e sono irrimediabilmente corrotti. Si preferisce non cercare la loro 'assistenza'. Sei davvero da solo: se non possiedi nessuna pistola, se non appartieni a una gang, e se sei estremamente povero.
Sei esposto.
Intorno a dove vivi, ci sono pallottole volanti e fuochi che bruciano. Una volta ogni tanto un camion di benzina esplode, o un' intera fila di alcuni tuguri miserabili scoppia in fiamme. Forti salve di mitra spesso penetrano la notte.

Ma ti dicono 'pace'. Europei e nordamericani, tutte quelle persone che stanno facendo grandi redditi nelle loro innumerevoli botteghe nei tuoi villaggi fatiscenti e città ... stanno parlando a te e ai tuoi compagni abitanti delle baraccopoli 'che vi insegnano'. Stanno parlando di educarti, in modo da poter continuare a 'vivere in pace'.

Le società e i governi di questi 'nobili uomini e donne ", quelli che ti insegnano la pace, sono in tutto il paese insanguinato. Lo usano anche come base per invadere le terre vicine. Essi stanno in realtà facendo molte cose, mentre tu stai mangiando merda. Beh, forse non letteralmente, ma la roba che ti alimenta in realtà non è molto meglio.

Tu non hai accesso ad acqua pulita. Puzzi. Se sei un uomo, puzzi. Se sei una donna, stai morendo dalla vergogna, ma non c'è scampo: anche tu puzzi. È probabile che tu sia funzionalmente analfabeta. Forse puoi leggere un paio di parole separate, ma il significato per lo più ti sfugge.

Voti per coloro che si stanno offrendo più 'peso', e poi ti senti orgoglioso quando ti viene detto, ancora e ancora, che vivi in una democrazia fiorente.

Urli di notte. Non ogni notte, naturalmente, ma la maggior parte delle notti urli. Stai pensando di farla finita, spesso desideri di poter morire, di partire da questo mondo, ma non hai il coraggio di ucciderti.

Più disperazione ottieni, più ti viene detto che vivi in un paese 'pacifico'. Mentre tutti sanno in realtà che vivi in uno dei più grandi quartieri poveri della terra.

Non resisti. I governi e le società straniere ti cercano. Tu sei il loro soggetto preferito. Tu sei paziente e sottomesso, come lo sono quasi tutte le persone intorno a te . Vi uccidete a vicenda invece di uccidere coloro che ti trascinano nella miseria: colonialisti stranieri e le élite locali.
Sei costantemente pubblicizzato come un buon esempio per gli altri, in tutto il mondo, soprattutto per coloro che scelgono di lottare per la giustizia, la dignità e una società migliore.
***
Kariobangi è una baraccopoli, nei pressi di un enorme slum chiamato Mathare , nel mezzo della capitale keniana Nairobi.

La vita è a testa in giù nei bassifondi.

Attraverso i corridoi stretti e le strade sporche con fogne aperte, sono portato a un incontro con "Fire", un membro di una banda senza paura che ha trascorso dieci dei suoi anni trenta anni, in varie famigerate prigioni keniote .
"Fire" è robusto, pensieroso e umile. Ha lasciato il carcere di massima sicurezza proprio di recente. Lui vuole iniziare da zero, ancora una volta, come ha fatto tante volte prima.
Ci sediamo su un blocco di cemento. Presto si forma una folla di curiosi, soprattutto bambini.
"Credi che le persone qui vivono in pace?" , chiedo.
"No", risponde "Fire". "Qui la gente muore ogni giorno. Tutti i miei amici sono già morti. Gli uomini qui muoiono prima di compiere diciassette anni, la maggior parte di loro muoiono quando hanno sedici anni ".
"Come ci si sente?", gli chiedo. "Come ci si sente ad essere vivi, ad essere l'unico che è riuscito a sopravvivere?"
"Ho paura!". Lui mi guarda. So cosa vuol dire. Ho sentito storie simili in Honduras, El Salvador, Haiti e Uganda, in tanti altri luoghi. Lui sa che io so e che è per questo che parla. Non ha paura dei proiettili che lo colpiscano, dei pugnali che lo taglino a pezzi, dei polizia che lo torturino, non ha paura di morire. Ma lui ha paura di rimanere in vita. Da solo.

Egli non è un vigliacco, lui è un coraggioso. Lui è brillante.Può essere un gangster, ma ha tanta di dignità. La sua paura non è animalesca, è esistenziale.

"Come è cominciato tutto qui, a Mathare?"

"Qui si comincia molto giovani; lentamente. Partiamo da rubare nelle case, a poco a poco. Poi diventi grande. Rubi i telefoni e le collane, fai acquisto di armi. Alla fine ci prendono perché siamo giovani e non abbiamo esperienza. Noi andiamo in prigione e la prigione è sia l'inferno che l'università del crimine. Entri, e non sai nulla dei reati; te ne vai e sai tutto. Si incontrano persone di ogni razza e giro: rapinatori di banche e serial killer. Ti dicono: è meglio morire nel rapinare una banca che nello strappare un orologio da polso ".

«Quanto è crudele la prigione, Fire?"
"Loro ti violentano. Non ci sono donne, quindi se sei un ragazzo giovane, non hai nessuna possibilità. I giovani ragazzi vengono sodomizzati. Per sopravvivere, devono prostituirsi. In carcere, gli uomini stuprano gli uomini. Alcuni si sposano tra di loro. Vieni picchiato e umiliato; dai detenuti e dalle forze di polizia, che sono estremamente brutali e sadiche. Impari come restare un duro. Se sopravvivi, sei pronto ... "

Vedo un coltello, affilato come un rasoio, brillante alla luce del sole.
Lo indico : "Parlami di questo."

"Bila", dice. "Proviene dalla Somalia. Sono fatti per uccidere. Il modo in cui essi sono formati, guarda; si perde così tanto sangue e si muore. Qui li chiamiamo wambe, che in swahili significa lametta. Ma non importa quanto sia forte, è sempre un coltello.
"E le armi?" chiedo.
"Ovunque. Esse sono molto economiche. Le pistole vengono con i rifugiati e i profughi che arrivano dalla Somalia e dall' Etiopia ".

"Come fanno le donne a sopravvivere qui?"
"E 'difficile per loro. Alcune sono costrette a prostituirsi; molte si uniscono a bande criminali. I loro ragazzi le costringono. Molte donne sono sottomesse ai 'loro uomini'. Fanno quello che viene loro detto. Viene loro detto di fare sesso e soccombono; arrivano a prostituirsi, e persino si uniscono alle bande. Qualunque ordine danno i 'loro uomini' loro lo fanno. Le donne qui hanno paura di perdere i loro uomini. "

Ad un certo punto, "Fire" diventa molto tranquillo. I suoi occhi sono fissi ad un certo punto in lontananza.
"Parla con me" dico. "Che cos'è?"
Guarda da un'altra parte, ma alla fine lui continua a parlare. "La mia generazione ... te l'ho detto ... Tutti i miei amici sono morti. Tutti loro ... tutti morti ... Mi sento un brivido. Ma non posso lasciare la baraccopoli ... Ha bisogno di me ... io ne ho bisogno ... non posso scappare da essa, come non posso correre da me stesso. Lo slum è il microcosmo ... è ... "
"Il tuo Kenya?" suggerisco.
"Sì", lui annuisce. "Io racconto storie ... ti dico come sono sopravvissuto fino a questa età di trent'anni. Io faccio sempre racconti, anche per le persone del governo. Io dico loro quanto sono fortunato ad essere qui ... di essere vivo ... voglio essere buono, ma a volte non si riesce a dormire tre notti a stomaco vuoto. "
"Entrambi raccontiamo storie", dico io.
Lui non mi ascolta, non più. "Ho sprecato così tanti anni ... così tanti anni", ripete.
***
Quegli uomini dei bassifondi, quei ragazzi! Giocano con le armi, e uccidono e rubano. Come nei campi di battaglia, i loro volti sono risoluti, seri. Anche quando stanno facendo le cose più folli, anche come quando stuprano e saccheggiano, hanno un aspetto propositivo, come se le loro azioni avessero avuto un significato profondo. Qui e nelle guerre, gli atti di saccheggio hanno una connotazione quasi religiosa.

Vivere nelle baraccopoli è come vivere in una zona di guerra: giorno dopo giorno, anno dopo anno, fino a quando uno è colpito, pugnalato, bruciato; fino a quando uno cade.
Ma per quanto riguarda le donne dei quartieri poveri, cosa succede loro? Essi diventano madri a tredici anni, prostitute a quattordici anni, ma vengono violentate prima del loro primo periodo. Alcune attraversano un aborto a quindici anni, altre stanno morendo di AIDS all'età di sedici anni. Alcune gettano i loro bambini non desiderati nelle grondaie, per pura disperazione profonda.

Sono le donne di Mathare, sono le donne di Kibera, veramente a vivere in pace? Sono le donne nelle baraccopoli di Giacarta e Mumbai a vivere in pace? Sono le donne dei quartieri poveri haitiani che vivono in pace?

Ms. Jitne Watere ha la sua 'boutique', nel bel mezzo di Kariobangi. E 'solo una piccola tenda, accanto a una strada trafficata, con alcuni abiti bianchi puliti esposti all'interno. Non le chiedo la sua età, tali domande sono maleducate. Non voglio sapere i dettagli, quelli più dolorosi.
Tutto quello che voglio sapere: "E 'una guerra per te? O è la
pace? "
Evita una risposta diretta. Mi guarda dritto negli occhi.
"Se sei costretta a diventare una prostituta all'età di dodici anni ... Se sei infettata con l'HIV ... se sei costretta a ... Puoi chiamarla pace?"

Lei è più giovane di me, ma mi guarda come se fossi un bambino. Ho visto molto in questa vita e gliel' ho detto . Ma ho la sensazione che lei ha visto molto di più, e abbasso gli occhi istintivamente, mentre parla.

"Per gli standard della baraccopoli, sono diventata una prostituta in età piuttosto avanzata - avevo sedici anni. Ho perso molti amici. Una ragazza dopo l'altra stava cadendo, morendo di AIDS, di aborti 'cespuglio', di essere stata picchiata a morte, anche di avvelenamento. Altre erano cadute a causa di overdose. "

Siamo in piedi dentro la sua 'boutique'. Questo è uno di quei momenti in cui uno scrittore a volte crolla e appena scende il blocco note nella borsa, muove il braccio nella disperazione e dice: "Andiamo a prendere un po 'di birra ... Andiamo a ubriacarci ... E' tutto dannatamente incasinato" . Ma io entro in possesso di me stesso, non voglio sentire le sue storie attraverso alcuni filtri innaturali.
E così restiamo in piedi, uno di fronte all'altra.

"Stupro", dice lei. "Non capita spesso qui che sia chiamato
stupro ... E sai che cosa è un aborto cespuglio?"
Annuisco. So perfettamente quello che è. Ma io non voglio sentire i dettagli. So che non sarei in grado di metterli nelle pagine di questa pubblicazione coraggiosa. La fermo . La fermo .

"Bene", dice lei. "Ma una cosa che devi sapere sull' aborto cespuglio ... E ' che a volte ... molto spesso ... soprattutto ... che non riesce ... Se fallisce, una donna muore. O lei non muore, ma lei vorrebbe che accadesse. Perché se non lo fa, quello che viene
è ... "

Due dei miei conoscenti, uno un gangster locale e uno un operaio dell'ambulanza locale, entrambi uomini molto forti, stanno cominciando a guardare lontano, in stato di shock. Il mio autista sta aspettando fuori.

"I bambini sono gettati nella spazzatura", lei dice. "Alcuni vivi, qualcuno morto. Non dicono questo sui giornali ... Non sono tenuti a parlarne ... E 'comune qui ... "
'In Indonesia, anche', credo. 'E in America Centrale.' Ma non dico niente.

Chiedo altre domande. Non vi è alcun punto per chiedere qualsiasi altra cosa. Mi ha detto tutto quello che c'è da dire, intuitivamente, e in sintesi.
Ma mi sbagliavo: non aveva ancora finito. Mi perfora con i suoi occhi. Sono venuto qui, ho rischiato la vita per venire qui, e ho fatto più di quello che si aspettava:l'ho ascoltata. Ora stava per darmi la sua conclusione, la sua linea di fondo:
"Sai perché tutto questo? Credi davvero ... davvero ... vuoi
sapere? "
Lo so. Lei lo sa. L'ho scritto migliaia di volte. Ora è il suo turno di dirlo:
"Perché siamo tutti poveri! Perché non abbiamo niente! Noi non contiamo. Ecco perché si muore giovani. Ecco perché i nostri bambini muoiono ... "
***
Poi, in macchina, Douglas che ora lavora per il servizio di ambulanza di San Giovanni, inizia a raccontarmi la sua storia:
"Non c'è niente su cui gente locale può contare ... Si protegge, totalmente in proprio. Le donne soffrono di più. Il 90% delle donne qui sono madri single, non c'è niente come il matrimonio o la lealtà nei bassifondi. Il sistema familiare si è rotto. Vai da porta a porta, chiedi; saresti sconvolto ".

La nostra macchina sta passando da Mathare. Quasi tutti i bambini qui soffrono di malnutrizione. Molti hanno lavorato dalla giovane età, spingendo carrelli pesanti, trasportando carichi, vendendo le cose dal marciapiede.

"Qual è la tipica storia qui?" chiedo a Douglas.
"Una ragazza a quattordici anni ragazza viene abusata ... o costretta a prostituirsi ... Per lo più diventano prostitute per il cibo. Vanno per circa un dollaro, per disperazione. Lei rimane incinta all'età di tredici o quattordici anni, al massimo quindici. Poi il suo uomo la lascia. Lei è lasciata con niente, senza istruzione e senza competenze. Queste sono le ragazze che lasciano i loro figli per strada ... Altre ottengono l'aborto ...
Ti è stato appena detto ... molte di loro muoiono. "

"Pochissimi gli uomini che si sposano", interviene il guidatore, Gilbert. "Pochissimi si prendono cura dei loro bambini e delle loro donne. Crolla tutto qui. L'intera struttura è andata. "

"Io ti racconto una storia e poi mi dici se questo posto è una zona di pace o di una zona di guerra", continua Douglas. "Una sera sono stato costretto ad aiutare la mia vicina di casa a partorire ...
E 'accaduto non lontano da dove stiamo passando adesso. Stavo lavando una macchina ... Il mio amico corse da me alle 01:00, urlando che una donna che viveva sul nostro terreno era entrata in travaglio. Siamo riusciti a portarla nell'auto. Eravamo in tre di noi a bordo del veicolo - due ragazzi e una donna con le doglie. Il bambino ha cominciato a venire fuori. Ho aperto il finestrino e ho cominciato a gridare: "Aiuto" . Stavo pregando che una donna aprisse una porta e uscisse, ci aiutasse, perché il mio amico e io non avevamo alcuna idea di cosa fare. Nessuno è venuto fuori, erano tutti spaventati. Il mio amico è scappato. Alla fine mi precipitai nel negozio e ho comprato una lama di rasoio ... ho tagliato il cordone ombelicale. Poi ho guidato verso la sua casa. Suo figlio è nato. Entrambi sopravvissero miracolosamente. Come in una guerra ".
"Come in una guerra", ho detto, ricordando una situazione molto simile, quando una donna indigena entrò in travaglio e ha partorito in macchina, nelle Ande peruviane, nel 1992.
***
In Mathare 4A, la spazzatura è in fiamme e i bambini-spazzini stanno eseguendo capriole acrobatiche. Il terreno è soffice, paludoso. L'intera area è costituita da baracche in lamiera, da bancarelle sporche e da un fiume inquinato in rapido movimento. Non è così sporca e senza speranza come quelle baraccopoli di Port-Au-Prince o di Jakarta, ma è ancora sporca in grande misura.
"Sono cresciuto qui", dice Douglas. "Ero come quei bambini. Giocavo nella spazzatura, facevo il bagno in questo fiume ".
Fa un cenno ai bambini. Essi fanno un cenno di ritorno.
"Fortunatamente, ho avuto un po 'di educazione. Ora faccio il primo soccorso e la lotta antincendio. "

"Douglas, quindi cosa stai affrontando qui?" chiedo. "Che vittime porti ai posti medici di notte?"
"Le vittime di ogni sorta di violenza", risponde lui. "Ferite da machete, da spari ... sai, i poliziotti sparano ai gangster e agli innocenti come standard, mentre i gangster sparano alle vittime, a volte alla polizia.
Ogni giorno qualcosa di terribile accade: le persone vengono uccise, accoltellate e violentate ".

Sto prendendo tutto questo dentro, poi prendo appunti e fotografo le capriole dei bambini .

"Dobbiamo andare", dice Douglas, bruscamente. "Presto inizieranno a chiuderci".
"Aspetta", dico. Si parla meglio qui che in macchina. Tutto scorre bene, esce senza sforzo.
"Ok", dice. "So quello che stai cercando di dimostrare. E sono d'accordo con te al cento per cento. Si tratta di una zona di guerra, ok? Si tratta di un campo di battaglia. Ma ora ti prego, ascoltami: per me, qui da noi, è normale. Tutto normale, capito? La violenza è normale ... lo so, ho la sensazione che non va bene, ma è
normale ... ho seppellito molti amici qui. Ogni giorno, più persone sono aggredite, uccise, fucilate. Niente mi sorprende più!
E ' normale! Molti dei miei amici sono morti ... molti degli amici "di Fire" sono morti. Mio cugino è stato ucciso di recente ... Lui è stato ucciso, a sedici anni! Le donne ... loro vengono violentate, brutalizzate, molestate, insultate ... Di notte ... quasi tutti qui hanno subito qualche violenza, anche a casa ... E di notte, solo quelli 'di animo duro' hanno il coraggio di aprire la porta ... Gli uomini muoiono perché rispondono ... Sai, quei malviventi che persone aggrediscono, non sono coraggiosi come provano ad essere ... Nel profondo sono umani, spaventati da bambini piccoli, da ragazzi ... Loro sanno che possono morire mentre rubano, e così uccidono, perché hanno paura ... Nonostante tutto, vogliono vivere ... Vogliono vivere disperatamente ... e così uccidono. "

Ha detto abbastanza. Respira pesantemente.
"Normale! Tutto questo è normale ... ", ripete.
«E allora perché piangi?" chiedo.
Lui non risponde. Si guarda intorno.
"Andiamo!" mi grida . "Veloci! Loro ci guardano, ma stanno arrivando. Qui possono fare tutto ciò che vogliono di te ... Possono prendere qualsiasi cosa ... "

"Andiamo", sono d'accordo. "Abbiamo foto all'interno di questa fotocamera. Non importa cosa, non possono prendere questa. "
"Noi combattiamo?" chiede. "Se arrivano, noi combattiamo o ci lasciamo andare?"

Gilbert, il conducente, valuta la situazione. Fa un passo , e guida la macchina verso di noi attraverso l'erba. I nostri piedi sono catturati in un terreno paludoso, malfermo. Ci sono strani movimenti intorno a noi, diverse persone chiudono su di noi. Il fiume è sulla sinistra. Sto valutando le mie opzioni. Il fiume sembra essere una possibilità.
"Combatteremo", dico alla fine.
"Bene."
La vettura è più veloce rispetto ai membri della banda. Ci tuffiamo. Gilbert guida verso la strada.
Quando siamo dentro, Douglas grugnisce: "Tu sei duro".
Questo è tutto ciò che conta qui. Il mio colore della pelle diventa irrilevante e così il mio lavoro. L'unica cosa che ha valore nello slum è se uno ha coraggio.
***
Constable Bobby Ogola è di base alla stazione di polizia di Buruburu. Buruburu è un posto duro e Constable è un duro che non sembra piacere a nessuno, soprattutto non i gangster e ai rifugiati somali. Altrove il suo atteggiamento sarebbe discutibile, sarebbe chiamato razzista. Ma è di nuovo normale qui, nella zona di guerra chiamata slum:
"Ci sono troppe armi in mano ai giovani di età compresa tra i sedici e i trenta anni. La maggior parte delle armi da fuoco provengono dalla Somalia. Abbiamo casi costanti di car-jacking qui, di rapine violente, di stupri e omicidi. Ci sono anche i rapimenti a
Eastlands. "

Il medico del dispensario in mezzo a Kiriobangi, calcola che, in media, una decina di persone muoiono di morte violenta durante un fine settimana, solo in questo slum.
La maggior parte delle persone a Nairobi vive in baraccopoli.
Mentre ce ne andiamo, Gilbert l'autistar conclude: "Si scrive di questi luoghi per anni ... E 'assolutamente chiaro che le persone qui vivono in una zona di combattimento. Vedonoi loro bambini che soffrono la fame ogni giorno. Non c'è acqua corrente, siamo senza lavoro e senza servizi igienici. Ma ci sono proiettili e coltelli. E c'è paura e morte violenta in tutto il mondo ".

"Tu muori se ti ammali qui", dice "Fire". "La vita è così a buon mercato. Naturalmente le persone muoiono di cancro e di altre malattie "complicate", perché non c'è modo in cui possono essere trattati per guarire. Ma anche muoiono di malattie facilmente prevenibili come la malaria. Tutto ciò che possiamo far arrivare qui sono gli antidolorifici, a volte. "
***
E ' del sistema la colpa? Tutti pensano così, ma c'è anche quella ostinata convinzione che 'non si può fare nulla "e" nulla può essere cambiato ".
Le élite sono troppo potenti, e sono sostenute da diverse potenze occidentali. La corruzione è endemica, ma la corruzione non è nostrana, ma è venuta da fuori, è stata importata e, come altrove, è entrata nella 'cultura' , mentre le élite locali sono state incoraggiate a collaborare con le potenze coloniali.

Mentre i parlamentari locali stanno godendo di alcuni degli stipendi più alti del governo in qualsiasi parte del mondo, quasi non sono stati stanziati fondi per il miglioramento della vita nelle baraccopoli.
"Abbiamo un programma per qui, abbiamo formato una organizzazione", dice la signora Jitne Watere. "Stiamo cercando di aiutare le donne vittime di abusi. Ma ben pochi fondi sono assegnati. E quel poco che c'è, scompare nella corruzione. Le donne si incontrano, si parlano e poi si chiedono: 'Quale futuro'. Ma non c'è nulla che possiamo fare ".
***
Mentre il Venezuela, la Bolivia, Cina, il Vietnam e altri paesi socialisti sono riusciti a sollevare centinaia di milioni di persone dalla povertà, quegli stretti alleati o colonie virtuali dell'Occidente, tra cui Kenya, Uganda, Indonesia, Filippine e India, per citarne solo pochi, si sono sviluppati e poi perfezionati per la maggior parte del proprio popolo.

In Kenya, si tengono le elezioni, ma nessun grande partito politico rappresenta gli interessi della maggioranza impoverita. L'estremo capitalismo serve solo una piccola minoranza dei governanti immorali. Le statistiche sono manipolate e intrecciate, mentre i media sono asserviti ai regimi locali e stranieri.
Nairobi, Kampala, Giacarta, Manila, Mumbai, Città del Guatemala - lo stesso modello di violenza urbana. I centri commerciali e gli alberghi a cinque stelle circondati da filo spinato e da zone di guerra.

Ora ci sono tour organizzati, per i bassifondi. Ad alcuni europei piace vedere, per sentire il brivido. Una settimana nei parchi nazionali del Kenya e della Tanzania, poi poche ore di Kibera, a guardare le persone che muoiono di fame e che muoiono . Si tratta di un'esperienza completa, qualcosa da mostrare ai vicini di casa o da diffondere attraverso i social media. Ho visto questo durante la scrittura sulla guerra jugoslava. Ho visto questo di recente su diversi confini siriani. Turismo di guerra ...
***
Qualche tempo fa, stavo girando Kibera sulla ferrovia , quella che passa attraverso il più grande slum della terra. Ho messo la mia macchina fotografica professionale su un treppiede e ho cominciato a lavorare.
Un vecchio mi si avvicinò. Era ubriaco, o era alto sulla miraa.
"Voglio la tua macchina fotografica", ha detto. "Posso ucciderti adesso, e non mi frega niente di quello che mi accadrà dopo. Io sono sieropositivo, non ho niente, sto morendo ".
Ma lui non poteva uccidermi. Era debole, e non poteva stare in piedi. I miei amici si precipitarono in mio soccorso, ma non ho avuto bisogno di alcun aiuto. L'uomo scomparve sotto la collina. Egli era distrutto, tremante, e da solo.
Dopo di che, era tutto assolutamente tranquillo. Era tranquillo per me, per le élite del Kenya e per il regime globale.
Ma ben presto, mentre il sole cominciava a calare, lì sotto, in mezzo alla baraccopoli, i primi fuochi cominciarono a bruciare e i primi spari cominciarono a risuonare. Un'altra battaglia cominciava, la battaglia tra le vittime e le altre vittime.

I poveri stanno docilmente morendo, mentre il regime globale ha consolidato il suo controllo del pianeta.

http://www.counterpunch.org/2013/05/24/misery-is-like-a-war/


domenica 21 aprile 2013

PREOCCUPAZIONE PER ISSA AMRO - MINACCIATO DI MORTE



Destano molta preoccupazione le minacce rivolte  ad  Issa Amro in questi giorni.
Attivista  per la sicurezza non-violenta palestinese  e organizzatore di varie manifestazioni contro l'occupazione , recentemente Issa Amro è stato oggetto di una  lettera inviata alle forze di sicurezza israeliane dai coloni israeliani di Hebron, che lo accusano  di terrorismo e incitamento alla violenza e chiedono alle autorità israeliane di eliminarlo minacciando, in caso contrario "spargimento di sangue".

Il sindaco del "Consiglio Comunale di Hebron" e il direttore generale della "Comunità ebraica di Hebron", insistono sul fatto che i comandanti dell'esercito dovrebbero "usare la detenzione amministrativa contro Amro fino a quando non si troverà una soluzione a lungo termine per porre fine completamente a questa ostile e pericolosa attività  ", riferendosi al vasto lavoro svolto da Amro presso diversi gruppi per i diritti umani.

Amro è stato violentemente attaccato dalla comunità di coloni israeliani molte volte in passato - il suo naso e il polso sono stati rotti e ha ricevuto cinque punti di sutura alla testa. Lui e la sua famiglia ricevono regolarmente minacce di morte da alcuni coloni di Hebron anche al telefono.
Vari siti web sionisti hanno nel frattempo formulato la richiesta della sua esecuzione, pubblicando varie immagini del suo volto segnato da cerchi rossi.
Nonostante la lunga dedizione di Amro a principi non violenti egli è costantemente indicato come terrorista da questi siti web.
 Questo un esempio della sua attività all'interno dell'associazione Youth Against Settlements:

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=PeId1M5XpTE

Amro afferma "Sono stato arrestato e detenuto in troppe occasioni tante che non si possono contare, ma non sono mai stato accusato di nulla.Sono stato rapito dai soldati da casa mia, bendato e portato in giro per diverse ore prima di essere rilasciato dietro casa . In altre occasioni, sono stato picchiato dai soldati che hanno minacciato di uccidere me e la mia famiglia. Durante il mio ultimo arresto (marzo 2013) sono stato spogliato nudo e costretto a stare fuori per tre ore al freddo".

Il 27 marzo 2013  hanno tentato di incendiare il centro comunitario  della Youth Against Settlements a Tel Rumeida - Quando Amro  ha tentato di presentare una denuncia  è stato insultato e umiliato dagli agenti di polizia ed è stato espulso dal loro ufficio due volte prima che la denuncia venisse depositata

Issa Amro ha preso parte alla fondazione di molte organizzazioni non violente a Hebron contro l'Occupazione. Inclusa la sezione di Hebron del International Solidarity Movement (ISM),Arab Non-Violence Network, la Youth Against Settlements e The Hebron Defenders
Ha vinto il premio One World Media nel 2009 per il suo coinvolgimento nel  progetto di B'Tselem "Shooting Back", che prevede la formazione dei media e distribuisce telecamere ai palestinesi per documentare le azioni dei coloni e l'abuso militare contro i palestinesi. Amro oltre a collaborare con queste organizzazioni,  ha partecipato alla nascita di numerosi altri progetti che si dedicano alla documentazione della resistenza  non violenta e alla violazioni dei diritti umani e l'espansione delle colonie israeliane illegali. Questo suo impegno è stato premiato facendogli vincere, nel 2010, il premio del OHCHR ONU 'Human Rights Defender of Palestina.

mercoledì 10 aprile 2013

GAZA STRIP .......... ED IO


A Gaza Strip ogni cosa è difficile e ogni cosa , anche il sentimento ,è deformato, sia in peggio che in meglio. Io ho tentato più volte di interagire con alcuni Gazawi che il caso ha messo sul mio percorso sempre e solo attraverso internet, perlopiù ragazzi , perchè sono loro che hanno più possibilità di conoscere l'inglese (non tutti naturalmente), studiandolo e sono loro che sentono l'esigenza di aprire l'unica finestra possibile su un mondo negato e sconosciuto, attraverso questo mezzo informatico chiamato computer . Naturalmente, immettendomi, direi meglio immergendomi, mente e cuore, dentro quel maledetto recinto mi è successo spesso di instaurare rapporti interpersonali di natura affettiva, più o meno importanti . Alcuni di essi hanno raggiunto le vette più alte della mia carica affettiva, paragonabile solo al rapporto madre-figlio. Oggi riflettendo , mi rendo conto di avere sbagliato tutto o quasi......Io sono una madre occidentale, con una cultura occidentale, ma se anche questo può rappresentare un ostacolo iniziale, superabile con l'amore, il vero grande ostacolo è però un'altro....insormontabile, si chiama : MURO. Non può esistere un rapporto o un sentimento parallelo fra persone che vivono realtà troppo differenti che devono fare percorsi esistenziali troppo tortuosi per far si che almeno le menti e i cuori possano raggiungersi....quando da una parte c'è il desiderio e il bisogno di toccare la libertà con mano e dall'altra la volontà di fare il possibile sentendosi impotenti.........cercare la formula magica per trasformare in ali un sogno.......Quanta amarezza, quanta tristezza....almeno quanto la speranza che è tenuta in vita dalla disperazione...UNA SPERANZA SENZA ALTERNATIVE..
Io non amo definirmi attivista per il semplice motivo che non lo sono. Non penso che sostenere la causa palestinese battendo su una tastiera meriti questo appellativo.Non sono ancora stata a Gaza e non so se mai andrò. Visitare quella prigione , per 10 giorni non mi farebbe sentire "attivista", anche se ritengo sia utilissimo entrare e uscire da quell'inferno anche da visitatori, perchè comunque questo è un chiaro messaggio di protesta contro l'embargo e le vergognose condizioni che Israele impone al popolo palestinese. Vittorio Arrigoni era attivista, Rosa Schiano è attivista Rachel Corry e ......lo eranoQuei ragazzi che giorno per giorno manifestano la propria rabbia lanciando sassi contro l'ingiustizia sono attivisti,

sabato 6 aprile 2013

Lezioni di RESISTENZA.



Amira Hass,  giornalista israeliana   ha scritto: “Avrebbe senso che le scuole palestinesi tenessero lezioni sulla resistenza”.

Ramallah, 6 aprile 2013, Nena News - Lanciare pietre è il diritto e il dovere di chiunque sia soggetto ad un regime straniero. Lanciare pietre è un’azione ma anche la metafora della resistenza. La persecuzione dei lanciatori di pietre, compresi bambini di otto anni, è parte inseparabile – anche se non sempre chiaramente enunciata – dei requisiti professionali del regime straniero, così come gli spari, le torture, la confisca di terre, le restrizioni al movimento e la diseguale distribuzione delle risorse idriche.
La violenza di soldati di 19 anni, dei loro comandanti di 45, dei burocrati, dei giuristi e degli avvocati è dettata dalla realtà. Il loro lavoro è proteggere i frutti della violenza istillata dall’occupazione straniera – risorse, profitti, potere e privilegi.
La fermezza (“Sumud”) e la resistenza contro la violenza fisica, sistemica e istituzionalizzata è il cuore della sintassi interna del popolo palestinese in questa terra. Si riflette ogni giorno, ogni ora, ogni momento, senza pause. Sfortunatamente, questo è vero non solo in Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est) e Gaza, ma anche all’interno dei confini riconosciuti di Israele, seppure la violenza e la resistenza si esprimano in maniera diversa. Ma dall’altro lato della Linea Verde, i livelli di stress, oppressione, amarezza, ansia e ira sono continuamente in aumento, come lo stupore della cecità israeliana che crede che la loro violenza possa rimanere per sempre sotto controllo.
Spesso il lancio di pietre è figlio della noia, di eccessiva spinta ormonale, imitazione, millanteria e competizione. Ma nella sintassi interna delle relazioni tra occupante e occupato, il lancio di pietre è l’aggettivo della questione “Ne abbiamo abbastanza di voi, occupanti”. Dopo tutto, gli adolescenti potrebbero trovare altre vie per dare sfogo ai loro ormoni senza il rischio di arresti, multe, ferimenti e morte.
Anche se si tratta di un diritto e un dovere, varie forme di fermezza e resistenza al regime straniero, così come alle sue regole e limitazioni, dovrebbe essere insegnate e sviluppare. Le limitazioni potrebbero includere la distinzione tra civili e chi porta con sé un’arma, tra bambini e chi è in uniforme, così come l’analisi dei fallimenti nell’usare le armi.
Avrebbe senso che le scuole palestinesi introducessero lezioni di resistenza: come costruire numerosi villaggi in Area C; come comportarsi quando l’esercito entra nella tua casa; come confrontarsi con le diverse lotte contro il colonialismo in altri Paesi; come usare la videocamera per documentare la violenza dei rappresentanti del regime; un giorno di lavoro alla settimana nelle terre al di là del Muro di Separazione; come ricordare i dettagli con cui identificare i soldati che ti lanciano dentro la jeep con le mani legate, al fine di denunciarli; come superare la paura degli interrogatori; e sforzi di massa per implementare il diritto al movimento. Pensateci, gli adulti palestinesi potrebbe utilizzare bene tali lezioni, ad esempio in sostituzione alle esercitazioni per disperdere le proteste e alla pratica di spionaggio dei post su Facebook.
Quando gli studenti delle scuole superiori due anni fa hanno dato vita alla campagna per il boicottaggio dei prodotti delle colonie, è sembrato un passo verso la giusta direzione. Ma finì lì, senza proseguire oltre, senza allargare il contesto. Tali lezioni sarebbe perfettamente in linea con le tattiche di appello alle Nazioni Unite – disobbedienza civile dal basso e sconfitta del potere della diplomazia.
Quindi perché non sono parte del curriculum palestinese? Parte della spiegazione è l’opposizione degli Stati finanziatori e le misure punitive di Israele. Ma ciò è anche dovuto all’inerzia, la pigrizia, mancanza di motivazione, malintesi e interessi personali di alcune parti della società. Infatti la logica che sta dietro l’esistenza dell’Autorità Palestinese ha dato vita ad una regola di base negli ultimi vent’anni: l’adattamento alla situazione esistente. Così, una contraddizione e uno scontro si sono venuti a creare tra la sintassi interna dell’ANP e quella del popolo palestinese.

sabato 23 marzo 2013

ISRAHELL FUCK YOU


 Le recenti misure israeliane negano ai civili palestinesi il diritto al risarcimento

- Gaza
– Nel mese di febbraio 2013 il Tribunale israeliano centro-meridionale di Be’er Sheva ha respinto 14 cause di risarcimento da parte di civili, portate innanzi alla Corte dal Centro Palestinese per i Diritti Umani (PCHR). Queste cause cercavano di ottenere il risarcimento e la riparazione per i morti, i feriti e i danni materiali subiti dai civili palestinesi a causa di presunte violazioni del diritto internazionale commesse dagli israeliani durante gli attacchi militari.

Queste disposizioni fanno parte di una serie di provvedimenti adottati dalle autorità israeliane in questi ultimi anni, che hanno portato all’accantonamento di un gran numero di cause legali, e hanno lo scopo di impedire ai palestinesi di chiedere il risarcimento in caso di violazioni del diritto internazionale da parte di Israele.

Attraverso queste cause civili, il PCHR si adopera per assicurare il rispetto delle norme di diritto internazionale consuetudinario, che riconosce ad ogni singola vittima il diritto alla riparazione, in quanto ogni Stato che viola il diritto umanitario internazionale è tenuto al pieno risarcimento per il danno causato alle vittime. Tuttavia, il legislatore israeliano e la magistratura, attraverso le loro modifiche legislative e le decisioni recenti, hanno imposto vari ostacoli di tipo finanziario, legislativo e procedurale per quel che riguarda l’attuazione della giustizia nei confronti delle vittime.

Delle 14 cause, il giudice ne ha respinte 11 facendo valere l’emendamento n° 2012/8 della legge dell’illecito civile israeliano (Responsabilità dello Stato), che assolve totalmente lo Stato di Israele da ogni responsabilità derivante da danni causati ad un residente di un territorio nemico nel corso di “azioni di combattimento”. Chiaramente questo emendamento viola le norme del diritto internazionale, le quali impediscono ad uno Stato di assolvere se stesso da ogni responsabilità nel caso di gravi violazioni o di danni ingenti perpetrati contro i civili durante le operazioni militari.

Il tribunale ha respinto le altre 3 cause, affermando che non sono state rispettate le norme procedurali, in base alle quali il documento della procura di una causa civile relativa alla Striscia di Gaza è considerato valido solamente se porta la firma e il timbro di un diplomatico israeliano. Tuttavia, osservare questa procedura è impossibile dal momento che ai richiedenti della Striscia di Gaza non è consentito entrare in Israele.

Oltre a ciò, la magistratura impone ostacoli di ordine economico facendo pagare ogni richiedente una garanzia di tribunale, fissata a circa 30.000 NIS (8.000 dollari). Tali spese limitano sensibilmente la capacità del PCHR di perseguire il diritto delle vittime al risarcimento.

Il PCHR ha redatto un memorandum che fornisce una spiegazione dettagliata degli ostacoli menzionati in precedenza.

L’accantonamento di queste cause civili è un grave ostacolo per le vittime, dal momento che si nega loro il diritto di responsabilità e di risarcimento, in particolar modo alla luce delle motivazioni ingiuste alla base delle decisioni del Tribunale. Tali misure ostacolano e scoraggiano le vittime a perseguire il loro diritto di risarcimento e di accesso alla giustizia attraverso cause civili di risarcimento. Effettivamente, il PCHR ritiene che il sistema giudiziario israeliano venga utilizzato per fornire un’illusione di giustizia mentre si nega sistematicamente ai civili palestinesi il loro diritto ad una riparazione effettiva; per questo, il PCHR sta valutando e passando in rassegna tutte le possibili opzioni.

http://www.infopal.it/ -

giovedì 21 febbraio 2013

LETTERA DA SAMER ISSAWI


Nel nome di Dio misericordioso 

Un saluto a tutto il popolo palestinese e a tutte le persone che amano la libertà di tutto il mondo, a coloro che prendono parte alla battaglia per la libertà dei prigionieri, tutti i prigionieri, e prima di tutti dei prigionieri eroici malati che si trovano nell'ospedale della prigione di Ramlah. Questi eroi  hanno sacrificato i loro corpi e lunghi anni della propria vita alla Palestina e al popolo palestinese e meritano da noi che lottiamo per la loro liberazione. 

Oggi il popolo palestinese ha dimostrato  all'occupazione, che nonostante le difficili condizioni che attraversano, la causa nazionale e rilascio dei prigionieri sono di alta priorità per ogni palestinese. La situazione economica e la disoccupazione non distrae il popolo palestinese dai loro prigionieri, perché sono persone coraggiose che  ersonalmente difendono la nazione araba e islamica e i suoi luoghi sacri.

Mi rattrista molto che io non sono con voi con il mio corpo per condividere con voi questa grande battaglia per sostenere i prigionieri. Ma ho deciso di aumentare il mio sciopero rifiutando l'acqua potabile, al fine di partecipare a questo movimento e alla grande battaglia che è vista dal mondo intero . 

Mando un caloroso saluto a tutti voi, che rimanere nelle tende per protesta in tutto il mondo, in particolare a chi è in sciopero della fame. Io saluto i partecipanti alla difesa di Nazareth, prima di tutti a  Padre Atallah Hanna, ed a tutte le persone coinvolte nel sit-in e cortei a sostegno dei prigionieri. 

Io saluto agli eroi che si sono riuniti ieri davanti al giudice e hanno protestato contro tutti i vincoli, le norme e i concetti di occupazione (la divisione  Gerusalemme occidentale e Gerusalemme orientale). Loro hanno dimostrato che l'occupazione AlQuds è una, Gerusalemme è la nostra città, e ora pure  i loro piedi vagavano per i vicoli dove camminavano dai nostri antenati prima che arrivasse  questa occupazione , che uccide ed espellei legittimi proprietari. 

Vi saluto, sono orgoglioso di voi e vorrei dare forza morale al vostro potere di resistere e alla vostra lotta.

Ieri, quando vi ho visti, di fronte al palazzo di giustizia, io sono diventato libero e il mio carceriere è diventato il prigioniero. Ho notato l'umiliazione sui volti delle guardie quando hanno visto che voi siete aggrappati alla vostra terra, nonostante la giudaizzazione. 

Per Dio, io bacio quei piedi che ieri hanno lottato per liberare le terre della nostra città santa e hanno sollevato la bandiera palestinese in alto. Baciare questi piedi  è un onore per me. Siete benedetti, Gerusalemme, è con i vostri figli eroici, con i protettori della Terra Santa, la Chiesa della Resurrezione e la Moschea di Al-Aqsa.

Ci incontreremo presto, a Dio piacendo, o eroi della Palestina e dei popoli liberi del mondo. 
Invio il mio saluto ai popoli liberi del mondo in tutto il mondo, in particolare all' Egitto sorella nostra, agli appassionati di Zamalek gruppo e Al-Jazeera commentatore sportivo.

Invio i miei saluti ad ogni persona. E per Shahed e Maleka. Per quanto riguarda la mia salute, sono stato trasferito Giovedi scorso in un ospedale, non mi ricordo il suo nome, dopo aver subito un forte calo della pressione sanguigna e del battito cardiaco . La pressione segna 74/40 e  il mio cuore fa 35 battiti al minuto.
Ho perso conoscenza. 

Continuo il mio sciopero. O libertà o martirio.

AGGIORNAMENTO

La Corte di Gerusalemme oggi ha condannato a otto mesi Samer Issawi, da oltre 210 giorni in sciopero della fame in un carcere israeliano, sarà rilasciato il 6 marzo 2013.

Alcuni attivisti di fronte al tribunale di Gerusalemme sono stati arrestati dalla polizia israeliana mentre manifestavano a favore dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane.
Samer Issawi era stato rilasciato ad ottobre del 2011, nell'ambito dello scambio di prigionieri tra Hamas e Israele: il caporale dell'IDF Gilad Shalit in cambio di 1050 detenuti palestinesi. Era stato arrestato di nuovo pochi mesi dopo, accusato di essere uscito dai confini del Comune di Gerusalemme. 


mercoledì 30 gennaio 2013

Prigione di Megiddo a Israele


, (PIC) - La Società Prigionieri Palestinesi (PPS) ha dichiarato,Martedì scorso, che l'amministrazione del carcere di Megiddo detiene un certo numero di prigionieri malati, nonostante il loro bisogno urgente di cure.

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Il servizio carcerario israeliano (IPS) non ha fornito ai prigionieri  i trattamenti necessari. Inoltre non li fornisce di coperte  e abbigliamento adeguati durante questo periodo invernale.

L'avvocato della PPS ha riferito che durante la sua visita alla prigione di Megiddo che l'IPS ha continuato a detenere il prigioniero di Hassan Abdel Halim Touraby, anche se soffre di cancro del sangue e il prigioniero Ahmed Saleh Fawaz Salmiya che soffre al piede sinistro, al fegato, al bacino e che ha lesioni all'inguine.

I PPS riferisce, inoltre di notare l'esistenza di molti prigionieri malati di prigione di Megiddo, come il prigioniero Hamza Qakor da Jenin che ha bisogno di sottoporsi ad intervento chirurgico d'urgenza, il prigioniero Ahmed Makhlouf, da Burkin - Jenin, che soffre di infezione ossea rischiando l'amputazione di un  piede, oltre al prigioniero Nasri Mohamad Abu Rab, da Qabatia, che soffre di una grave forma di infezione batterica intestinale.

I PPS hanno invitato la Croce Rossa, e le organizzazioni internazionali a sostenere le loro responsabilità nei confronti della situazione medica dei prigionieri e di fare  pressione all' IPS affinchè forniscano le cure necessarie ai prigionieri malati.

QUANDO PARLIAMO DI DETENZIONE AMMINISTRATIVA, PENSIAMO ANCHE A QUESTI CASI LIMITE . QUESTO STA FACENDO LA "DEMOCRATICA" ISRAELE AI NOSTRI FRATELLI MUSULMANI! 
VERGOGNA!

martedì 29 gennaio 2013

LA DETENZIONE AMMINISTRATIVA E' UN REATO GRAVE CONTRO L'UMANITA'



Togliere la libertà a qualsiasi essere umano è sempre un gesto di grande ingiustizia , specialmente se non giustificato da alcun motivo. Questo la "democratica" Israele lo sa, ma lo ignora e quindi è doppiamente colpevole e  doppiamente condannabile per la totale assenza di  qualsiasi senso umanitario , prima che da qualsiasi legge  scritta. Israele imprigiona presunti "terroristi" in assenza anche del minimo indizio contro di essi per la durata di 6 anni rinnovabili a tempo indeterminato in attesa di processo e in assenza di condanna. Questa è realtà...non farneticazione , come può sembrare......questa è crudeltà perpetrata contro palestinesi, per la sola ragione di essere palestinesi e quindi di fare parte di un popolo verso cui , sistematicamente la "democratica" Israele sta compiendo un vero e proprio genocidio , una pulizia etnica dalle proporzioni mai viste prime, accanendosi da ben 64 anni contro un popolo inerte, la cui difesa si chiama "Resistenza" . E non venitemi a raccontare la favoletta dei razzetti quassam ai quali la "democratica" Israele risponde "per difesa" con ordigni di ultima generazione che sperimenta nella Striscia di Gaza perchè il confronto non regge  e nessuna motivazione giuridica, ma principalmente umana può giustificare questo immane massacro rivolto principalmente contro i civili  ( per lo più bambini)  in totale assenza di rifuggi e di qualsivoglia protezione dalle incursioni criminali. Tornando all'argomento "Prigioni Israeliane" riporto di seguito un articolo comparso oggi sul portale di informazione NENA NEWS del 29 gennaio 2013 . Eccovelo: 

             ISRAELE E LA PALESTINA DIETRO LE SBARRE.

Betlemme, 29 gennaio 2013, Nena News - La battaglia degli stomaci vuoti non si è mai fermata. Prosegue lo sciopero della fame dei prigionieri politici palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. E mentre Samer Issawi digiuna da oltre 180 giorni, e Jazzer Ezzidine, Yousef Yassin e Tarek Qa'adan da quasi 60 giorni, c'è chi muore per le condizioni di vita dietro le sbarre.
Pochi giorni fa, Ashraf Abu Dhra è morto dopo cinque mesi dal rilascio. Aveva 29 anni, di cui gli ultimi sei e mezzo passati nel carcere israeliano di Ramle, in isolamento. Ad ucciderlo potrebbe essere stata la mancanza di cure mediche: malato di distrofia muscolare, Ashraf non è stato mai autorizzato dall'amministrazione carceraria ad accedere ad adeguati trattamenti. Una mancanza che lo ha costretto su una sedia a rotelle e, poco tempo dopo la sua liberazione, lo ha portato alla morte.

Nel 2008, l'associazione israeliana Physicians for Human Rightsaveva presentato una petizione ad un tribunale israeliano nella quale si chiedeva di imporre alla prigione di Ramle il ricovero di Ashrag: la corte ha approvato la richiesta, ma la clinica del carcere ha sempre ignorato la sentenza giudicando le cure "non necessarie".
Secondo i dati forniti dalle associazioni per la tutela dei prigionieri, dal 1967 - anno di inizio dell'occupazione militare dei Territori Palestinesi - oltre 200 detenuti sono morti nelle carceri israeliane. Oltre 800mila palestinesi sono stati arrestati negli ultimi 46 anni, il 40% della popolazione maschile palestinese e il 20% di quella totale. Non c'è famiglia che non abbia avuto o abbia tuttora un suo membro dietro le sbarre di una prigione israeliana.

Ad oggi, gennaio 2013, Israele tiene dietro le sbarre 4.656 prigionieri politici palestinesi: 310 di loro sono incarcerati in detenzione amministrativa - senza processo né accuse ufficiali - e 193 sono minorenni (di cui 23 hanno meno di 16 anni). Tredici detenuti sono membri del Consiglio Legislativo Palestinese, il parlamento dell'Autorità Palestinese.

Le condizioni di detenzione sono pessime. Come riportato daAddameer, la più importante associazione palestinese per la difesa dei prigionieri politici, i detenuti sono soggetti a diverse forme di tortura, tra cui l'isolamento prolungato, interrogatori di 12 ore, deprivazione del sonno e minacce di morte contro familiari.
A tutela dei prigionieri politici palestinesi è intervenuta anche l'ANP:ieri il ministro per i Prigionieri, Missa Qaraqe, ha annunciato l'invio di una lettera al Consiglio di Sicurezza dell'Onucontenente una denuncia ufficiale contro le autorità israeliane per le disumane condizioni di vita nelle carceri e le misure detentive illegali a cui sono sottoposti i detenuti palestinesi.

"La lettera sottolinea la situazione critica dei prigionieri in sciopero della fame che potrebbero morire in qualsiasi momento - ha spiegato il ministro - Se si permetterà che questo accada, si tratterà di un nuovo crimine per mano israeliana. Il Consiglio di Sicurezza dovrebbe discutere di tutte le questioni: le condizioni di salute, l'assenza di processi equi e in alcuni casi la totale mancanza di processi, il divieto di ricevere le visite dei familiari; le aggressioni all'interno delle carceri, l'isolamento, la detenzione amministrativa e la detenzione di minori". Nena News

 Avete letto bene: la detenzione di minori ai quali la "democratica" Israele  impone pene indescrivibili, che vanno dalla violenza carnale , alla tortura, alle minacce durante la detenzione....ripeto a tempo indeterminato. QUESTO FA ISRAELE E QUESTO TUTTO IL MONDO DEVE SAPERLO
E L'ONU COSA FA?
 


LA DETENZIONE AMMINISTRATIVA E' UN REATO GRAVE CONTRO L'UMANITA'



Togliere la libertà a qualsiasi essere umano è sempre un gesto di grande ingiustizia , specialmente se non giustificato da alcun motivo. Questo la "democratica" Israele lo sa, ma lo ignora e quindi è doppiamente colpevole e quindi doppiamente condannabile da qualsiasi senso umanitario , prima che da qualsiasi legge  scritta. Israele imprigiona presunti "terroristi" in assenza anche del minimo indizio contro di essi per la durata di 6 anni rinnovabili a tempo indeterminato in attesa di processo e in assenza di condanna. Questa è realtà...non farneticazione , come può sembrare......questa è crudeltà perpetrata contro palestinesi, per la sola ragione di essere palestinesi e quindi di fare parte di un popolo verso cui , sistematicamente la "democratica" Israele sta compiendo un vero e proprio genocidio , una pulizia etnica dalle proporzioni mai viste prime, accanendosi da ben 64 anni contro un popolo inerte, la cui difesa si chiama "Resistenza" . E non venitemi a raccontare la favoletta dei razzetti quassam ai quali la "democratica" Israele risponde per difesa con ordigni di ultima generazione che sperimenta nella Striscia di Gaza perchè il confronto non regge e nessuna motivazione giuridica, ma principalmente umana può giustificare questo immane massacro rivolto principalmente contro i civili  ( per lo più bambini)  in totale assenza di rifuggi e di qualsivoglia protezione dalle incursioni criminali. Tornando all'argomento "Prigioni Israeliane" riporto di seguito un articolo comparso oggi sul portale di informazione NENA. Eccovelo:  

Israele e la Palestina dietro le sbarre

Quattro prigionieri proseguono lo sciopero della fame. Ashraf Abu Dhra muore dopo una detenzione di sei anni. E Ramallah denuncia Israele alle Nazioni Unite.

adminSito
martedì 29 gennaio 2013 09:15

dalla redazione

Betlemme, 29 gennaio 2013, Nena News - La battaglia degli stomaci vuoti non si è mai fermata. Prosegue lo sciopero della fame dei prigionieri politici palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. E mentre Samer Issawi digiuna da oltre 180 giorni, e Jazzer Ezzidine, Yousef Yassin e Tarek Qa'adan da quasi 60 giorni, c'è chi muore per le condizioni di vita dietro le sbarre.

Pochi giorni fa, Ashraf Abu Dhra è morto dopo cinque mesi dal rilascio. Aveva 29 anni, di cui gli ultimi sei e mezzo passati nel carcere israeliano di Ramle, in isolamento. Ad ucciderlo potrebbe essere stata la mancanza di cure mediche: malato di distrofia muscolare, Ashraf non è stato mai autorizzato dall'amministrazione carceraria ad accedere ad adeguati trattamenti. Una mancanza che lo ha costretto su una sedia a rotelle e, poco tempo dopo la sua liberazione, lo ha portato alla morte.

Nel 2008, l'associazione israeliana Physicians for Human Rightsaveva presentato una petizione ad un tribunale israeliano nella quale si chiedeva di imporre alla prigione di Ramle il ricovero di Ashrag: la corte ha approvato la richiesta, ma la clinica del carcere ha sempre ignorato la sentenza giudicando le cure "non necessarie".

Secondo i dati forniti dalle associazioni per la tutela dei prigionieri, dal 1967 - anno di inizio dell'occupazione militare dei Territori Palestinesi - oltre 200 detenuti sono morti nelle carceri israeliane. Oltre 800mila palestinesi sono stati arrestati negli ultimi 46 anni, il 40% della popolazione maschile palestinese e il 20% di quella totale. Non c'è famiglia che non abbia avuto o abbia tuttora un suo membro dietro le sbarre di una prigione israeliana.

Ad oggi, gennaio 2013, Israele tiene dietro le sbarre 4.656 prigionieri politici palestinesi: 310 di loro sono incarcerati in detenzione amministrativa - senza processo né accuse ufficiali - e 193 sono minorenni (di cui 23 hanno meno di 16 anni). Tredici detenuti sono membri del Consiglio Legislativo Palestinese, il parlamento dell'Autorità Palestinese.

Le condizioni di detenzione sono pessime. Come riportato daAddameer, la più importante associazione palestinese per la difesa dei prigionieri politici, i detenuti sono soggetti a diverse forme di tortura, tra cui l'isolamento prolungato, interrogatori di 12 ore, deprivazione del sonno e minacce di morte contro familiari.

A tutela dei prigionieri politici palestinesi è intervenuta anche l'ANP:ieri il ministro per i Prigionieri, Missa Qaraqe, ha annunciato l'invio di una lettera al Consiglio di Sicurezza dell'Onucontenente una denuncia ufficiale contro le autorità israeliane per le disumane condizioni di vita nelle carceri e le misure detentive illegali a cui sono sottoposti i detenuti palestinesi.

"La lettera sottolinea la situazione critica dei prigionieri in sciopero della fame che potrebbero morire in qualsiasi momento - ha spiegato il ministro - Se si permetterà che questo accada, si tratterà di un nuovo crimine per mano israeliana. Il Consiglio di Sicurezza dovrebbe discutere di tutte le questioni: le condizioni di salute, l'assenza di processi equi e in alcuni casi la totale mancanza di processi, il divieto di ricevere le visite dei familiari; le aggressioni all'interno delle carceri, l'isolamento, la detenzione amministrativa e la
detenzione di minori". Nena News

 Avete letto bene: la detenzione di minori ai quali la "democratica" Israele  impone pene indescrivibili, che vanno dalla violenza carnale , alla tortura, alle minacce durante la detenzione....ripeto a tempo indeterminato. QUESTO FA ISRAELE E QUESTO TUTTO IL MONDO DEVE SAPERLO

lunedì 28 gennaio 2013

Giornata della Memoria?

NO GRAZIE non serve ricordare il presente…
pale

“Tutti devono muoversi, correre e prendere quante più cime di colline (palestinesi) possibile in modo da allargare gli insediamenti (ebraici) perché tutto quello che prenderemo ora sarà nostro… Tutto quello che non prenderemo andrà a loro.”
Ariel Sharon, Ministro degli esteri d’Israele, aprendo un incontro del partito Tsomet Party, Agenzia France Presse, 15 novembre 1998….
David Ben Gurion Primo Ministro d’Israele, 1949 – 1954, 1955 – 1963
“Non esiste una cosa come il popolo palestinese … Non siamo noi venuti e li abbiamo cacciati e preso il loro paese…. Essi non esistono.”
Golda Meir, dichiarazione al The Sunday Times, 15 giugno 1969.
“Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle terre e l’eliminazione di ogni servizio sociale per liberare la Galilea dalla sua popolazione araba”.
David Ben-Gurion, Maggio 1948, agli ufficiali dello Stato Maggiore. Da: Ben-Gurion, A Biography, by Michael Ben-Zohar, Delacorte, New York 1978.
“Israele può avere il diritto di mettere altri sotto processo, ma certamente nessuno ha il diritto di mettere sotto processo il popolo ebraico e lo Stato d’Israele.”
Ariel Sharon, Primo Ministro d’Israele, 25 marzo 2001 citato dalla BBC News Ondine.
“(I palestinesi) saranno schiacciati come cavallette… con le teste sfracellate contro i massi e le mura.”
Yitzhak Shamir a quel tempo Primo Ministro d’Israele in un discorso ai coloni ebrei, New York Times, 1 aprile 1988
“Israele avrebbe dovuto approfittare dell’attenzione del mondo sulla repressione delle dimostrazioni in Cina, quando l’attenzione del mondo era focalizzata su quel paese, per portare a termine una massiccia espulsione degli arabi dei territori”.
Benyamin Netanyahu, allora vice ministro degli esteri, ex Primo Ministro d’Israele, in un discorso agli studenti della Bar Ilan University, dal giornale israeliano Hotam, 24 novembre 1989.
Dopo aver letto queste frasi ed essere rimasta scioccata, (nonostante infondo sapessi già che tutte queste cose Israele le pensa, ma è ASSURDO che decida di esprimersi cosi liberamente), voglio mettere in chiaro alcune situazioni non chiare forse a troppe persone a questo mondo, persone che credono che l’unico elemento d’informazione buona sia la televisione, o forse i giornali italiani (e qui evito di commentare…).
Da ragazza nata in Italia ma di origine palestinese, mi sento in dovere di ricordare al mondo intero la data del 15 maggio. L’anniversario della Nakba palestinese, ossia la “catastrofe”, cosi chiamata perché in quel giorno centinaia di case palestinesi furono rase al suolo, migliaia di palestinesi furono quindi espropriati dei loro terreni e furono costretti all’espulsione.
Ricordo questa data, perché Israele ha provveduto a cancellarla dai libri di storia, quindi ad occultarla, a renderla il più possibile sconosciuta. Ma no. Non ce l’hanno fatta, perché quei palestinesi che furono espulsi nel 48 ora sono nonni e bisnonni, hanno procreato una nuova generazione, da cui sono nate altre nuove generazioni, che hanno deciso di non dimenticare.
Non dimenticare quella data, quel dolore, quelle case abbattute, quelle urla di madri, di nonne, quegli uomini morti come veri eroi perchè hanno deciso di fermarsi davanti a casa loro per proteggerla, quei fratelli che hanno preso le loro sorelle e le hanno messe in salvo rischiando la loro vita, quelle donne che hanno nascosto sotto al loro corpo neonati e bambini, anche non loro, per salvarli da una fine certa.
Oggi va loro una grandissima preghiera perchè è grazie a queste persone sicuramente, se oggi io sono qui a scrivere.
Ecco, mi viene naturale piangere ad immaginare queste scene, mi viene naturale provare orrore, rigetto, per uno “stato” (e scusatemi se lo metto tra virgolette, ma logicamente non riconosco Israele come tale,) che nasconde i propri crimini contro la Palestina e contro il mondo intero dietro ad un giorno della memoria, dietro ad un “ricordare per non dimenticare”.
Dimenticare che?!?
Ciò che è successo nella storia?
La pulizia etnica degli ebrei?
Ma la storia non si sta ripetendo?
Questa non è forse UNA PULIZIA ETNICA PALESTINESE?!
Se siete contrari a questa affermazione, vi prego di tornare leggermente indietro e leggere una seconda volta le dichiarazioni fatte dai primi ministri israeliani!!
Insomma, stiamo parlando di uno “stato” che utilizza il passato per giustificare i suoi crimini nel presente.
Stiamo parlando di crimini disumani quali “mettere il tifo negli acquedotti palestinesi”, quali il Massacro di Sabra e Chatila in Libano, quali l’attacco a Jenin nell’aprile del 2002 e il divieto di entrarvi per i soccorsi, l’attacco a Gaza nel dicembre del 2008 (che tra l’altro continua tutt’ora) o quello alla Freedom Flottilla nel maggio del 2010.
Crimini ingiustificabili, impuniti, di cui è ricca la breve storia di Israele, nel comodo silenzio di una Comunità Internazionale.
65 anni di crimini, 65 anni di sofferenze, 65 anni di ingiustizie che il popolo palestinese subisce.
Israele ha violato la bellezza di più di 70 risoluzioni ONU dal 1947 ad oggi, di cui la 194 che mi riguarda in particolare: “I profughi palestinesi hanno il diritto di ritornare alle loro case in Israele” ribadita per ben 6 volte.
Ma se io oggi ancora non sono andata in Palestina è forse proprio per questo motivo: mi sto battendo per un Diritto al Ritorno che mi spetta, che è legittimo, ma che Israele fa entrare da un orecchio e uscire dall’altro.
Vi chiedo di mettervi nei miei panni. Di qualunque nazionalità tu sia originario. Tu il tuo paese di origine lo conosci. Magari ci vivi o ci vai tutte le estati.
Oppure forse lo odi, non ti piace, lo ami, insomma non lo so, ci sono tante possibilità. Ma LO CONOSCI. Sai qual è, com’è, dov’è, che profumi ha, che sapori ha, che colori ha. Io questo non lo so come te. E sai perchè? Perchè io sono palestinese, ma in Palestina non ci posso entrare. Non posso abbassarmi e toccare quella che non smetto di chiamare LA MIA TERRA.
E questo perchè Israele punta a uno svuotamento dei palestinesi dalla Palestina, e certamente non obbedirà alle risoluzioni ONU.
70 risoluzioni violate di cui 6 per il diritto al ritorno dei palestinesi e di cui 20 richieste a Israele di non attaccare o di smetterla di attaccare il Libano. E di cui una, la 242 del 1967 che ci lascia tanto da comprendere: “L’occupazione israeliana della Palestina è illegale”.
Permettetemi di ridere quando Israele parla di “legittima autodifesa”. Permettetemi di ridere quando in TV si sente ATTACCO TERRORISTICO PALESTINESE IN ISRAELE e poi si sente dire INCURSIONE ISRAELIANA A GAZA…..
Sapete cos’è un’incursione? E’ un attacco. Non è un partigiano palestinese che tenta di difendere la propria famiglia e uccide due soldati, è un attacco militare israeliano con decine o centinaia di morti e/o feriti.
Ridere, logicamente per non piangere dal disgusto per Israele per come gioca su come trasmettere le informazioni.
Forse forse una terza intifada non gli starebbe cosi male!
Oggi c’è qualcosa di diverso. Da gennaio le rivolte dei popoli arabi si sono accese, e qualcosa in loro, che da tempo dorme, si è svegliato. Forse perchè attraverso le rivolte hanno provato sulla loro stessa pelle il significato di guerriglia, d’ingiustizia, di sangue cosparso, di dolore, di strategia, sembra si siano ricordati tutti della Palestina. Si è svegliato l’animo arabo, e oggi tra le manifestazioni dei Milioni, alcuni gruppi dai vari Paesi arabi hanno anche deciso di andarle in soccorso. Non importa se sono stati fermati o se verranno fermati. E’ il gesto. Oggi non ha funzionato, domani saremo più forti e funzionerà.
Oggi c’è qualcosa di diverso perché ci sono accordi di pace tra Hamas e Abbas, perché ci sono persone che hanno voglia di mettere fine a tutto ciò.
Ho una richiesta per l’Occidente: che il silenzio internazionale rimanga tale quando vedrete il mondo arabo attaccare Israele!!
Voglio concludere questa piccola riflessione dedicando un pensiero, un ricordo a Vittorio Arrigoni, l’Eroe della Palestina, con una sua stessa frase:
‎”Se ho ancora la forza di raccontare della loro fine è perché voglio rendere giustizia a chi non ha più voce, forse a chi non ha mai avuto orecchie per ascoltare”.
- Scusa, Terra mia, se ancora oggi il sangue dei tuoi stessi abitanti si sparge…
Scusa se mi sento a volte tanto inutile per te, se l’unica cosa che posso fare per sentirmi più vicina è boicottare i prodotti israeliani e dedicarti riflessioni da condividere con gli amici…
Scusa perché ancora non ce l’ho fatta ad arrivare sulla tua terra, sulla mia terra, se ancora non ti ho toccata, vista, se ancora non conosco le tue strade a memoria, se i miei parenti che si trovano li non li conosco tutti.
Scusa, se tutti ti ritengono tanto importante, tutti ti cercano, tutti ti vogliono e ti contendono.
Infondo eri sei e rimarrai la Palestina dei palestinesi. E questo tutti lo sanno e nessuno può confutarlo.
Scusa se mi capita di piangere dal dolore tutte le volte che ti penso, ma è solo perchè non ho la possibilità di ricordarti sorridendo.
Ti prometto, mi prometto,
che tutto questo presto finirà.
Lara Moghames