domenica 21 aprile 2013

PREOCCUPAZIONE PER ISSA AMRO - MINACCIATO DI MORTE



Destano molta preoccupazione le minacce rivolte  ad  Issa Amro in questi giorni.
Attivista  per la sicurezza non-violenta palestinese  e organizzatore di varie manifestazioni contro l'occupazione , recentemente Issa Amro è stato oggetto di una  lettera inviata alle forze di sicurezza israeliane dai coloni israeliani di Hebron, che lo accusano  di terrorismo e incitamento alla violenza e chiedono alle autorità israeliane di eliminarlo minacciando, in caso contrario "spargimento di sangue".

Il sindaco del "Consiglio Comunale di Hebron" e il direttore generale della "Comunità ebraica di Hebron", insistono sul fatto che i comandanti dell'esercito dovrebbero "usare la detenzione amministrativa contro Amro fino a quando non si troverà una soluzione a lungo termine per porre fine completamente a questa ostile e pericolosa attività  ", riferendosi al vasto lavoro svolto da Amro presso diversi gruppi per i diritti umani.

Amro è stato violentemente attaccato dalla comunità di coloni israeliani molte volte in passato - il suo naso e il polso sono stati rotti e ha ricevuto cinque punti di sutura alla testa. Lui e la sua famiglia ricevono regolarmente minacce di morte da alcuni coloni di Hebron anche al telefono.
Vari siti web sionisti hanno nel frattempo formulato la richiesta della sua esecuzione, pubblicando varie immagini del suo volto segnato da cerchi rossi.
Nonostante la lunga dedizione di Amro a principi non violenti egli è costantemente indicato come terrorista da questi siti web.
 Questo un esempio della sua attività all'interno dell'associazione Youth Against Settlements:

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=PeId1M5XpTE

Amro afferma "Sono stato arrestato e detenuto in troppe occasioni tante che non si possono contare, ma non sono mai stato accusato di nulla.Sono stato rapito dai soldati da casa mia, bendato e portato in giro per diverse ore prima di essere rilasciato dietro casa . In altre occasioni, sono stato picchiato dai soldati che hanno minacciato di uccidere me e la mia famiglia. Durante il mio ultimo arresto (marzo 2013) sono stato spogliato nudo e costretto a stare fuori per tre ore al freddo".

Il 27 marzo 2013  hanno tentato di incendiare il centro comunitario  della Youth Against Settlements a Tel Rumeida - Quando Amro  ha tentato di presentare una denuncia  è stato insultato e umiliato dagli agenti di polizia ed è stato espulso dal loro ufficio due volte prima che la denuncia venisse depositata

Issa Amro ha preso parte alla fondazione di molte organizzazioni non violente a Hebron contro l'Occupazione. Inclusa la sezione di Hebron del International Solidarity Movement (ISM),Arab Non-Violence Network, la Youth Against Settlements e The Hebron Defenders
Ha vinto il premio One World Media nel 2009 per il suo coinvolgimento nel  progetto di B'Tselem "Shooting Back", che prevede la formazione dei media e distribuisce telecamere ai palestinesi per documentare le azioni dei coloni e l'abuso militare contro i palestinesi. Amro oltre a collaborare con queste organizzazioni,  ha partecipato alla nascita di numerosi altri progetti che si dedicano alla documentazione della resistenza  non violenta e alla violazioni dei diritti umani e l'espansione delle colonie israeliane illegali. Questo suo impegno è stato premiato facendogli vincere, nel 2010, il premio del OHCHR ONU 'Human Rights Defender of Palestina.

mercoledì 10 aprile 2013

GAZA STRIP .......... ED IO


A Gaza Strip ogni cosa è difficile e ogni cosa , anche il sentimento ,è deformato, sia in peggio che in meglio. Io ho tentato più volte di interagire con alcuni Gazawi che il caso ha messo sul mio percorso sempre e solo attraverso internet, perlopiù ragazzi , perchè sono loro che hanno più possibilità di conoscere l'inglese (non tutti naturalmente), studiandolo e sono loro che sentono l'esigenza di aprire l'unica finestra possibile su un mondo negato e sconosciuto, attraverso questo mezzo informatico chiamato computer . Naturalmente, immettendomi, direi meglio immergendomi, mente e cuore, dentro quel maledetto recinto mi è successo spesso di instaurare rapporti interpersonali di natura affettiva, più o meno importanti . Alcuni di essi hanno raggiunto le vette più alte della mia carica affettiva, paragonabile solo al rapporto madre-figlio. Oggi riflettendo , mi rendo conto di avere sbagliato tutto o quasi......Io sono una madre occidentale, con una cultura occidentale, ma se anche questo può rappresentare un ostacolo iniziale, superabile con l'amore, il vero grande ostacolo è però un'altro....insormontabile, si chiama : MURO. Non può esistere un rapporto o un sentimento parallelo fra persone che vivono realtà troppo differenti che devono fare percorsi esistenziali troppo tortuosi per far si che almeno le menti e i cuori possano raggiungersi....quando da una parte c'è il desiderio e il bisogno di toccare la libertà con mano e dall'altra la volontà di fare il possibile sentendosi impotenti.........cercare la formula magica per trasformare in ali un sogno.......Quanta amarezza, quanta tristezza....almeno quanto la speranza che è tenuta in vita dalla disperazione...UNA SPERANZA SENZA ALTERNATIVE..
Io non amo definirmi attivista per il semplice motivo che non lo sono. Non penso che sostenere la causa palestinese battendo su una tastiera meriti questo appellativo.Non sono ancora stata a Gaza e non so se mai andrò. Visitare quella prigione , per 10 giorni non mi farebbe sentire "attivista", anche se ritengo sia utilissimo entrare e uscire da quell'inferno anche da visitatori, perchè comunque questo è un chiaro messaggio di protesta contro l'embargo e le vergognose condizioni che Israele impone al popolo palestinese. Vittorio Arrigoni era attivista, Rosa Schiano è attivista Rachel Corry e ......lo eranoQuei ragazzi che giorno per giorno manifestano la propria rabbia lanciando sassi contro l'ingiustizia sono attivisti,

sabato 6 aprile 2013

Lezioni di RESISTENZA.



Amira Hass,  giornalista israeliana   ha scritto: “Avrebbe senso che le scuole palestinesi tenessero lezioni sulla resistenza”.

Ramallah, 6 aprile 2013, Nena News - Lanciare pietre è il diritto e il dovere di chiunque sia soggetto ad un regime straniero. Lanciare pietre è un’azione ma anche la metafora della resistenza. La persecuzione dei lanciatori di pietre, compresi bambini di otto anni, è parte inseparabile – anche se non sempre chiaramente enunciata – dei requisiti professionali del regime straniero, così come gli spari, le torture, la confisca di terre, le restrizioni al movimento e la diseguale distribuzione delle risorse idriche.
La violenza di soldati di 19 anni, dei loro comandanti di 45, dei burocrati, dei giuristi e degli avvocati è dettata dalla realtà. Il loro lavoro è proteggere i frutti della violenza istillata dall’occupazione straniera – risorse, profitti, potere e privilegi.
La fermezza (“Sumud”) e la resistenza contro la violenza fisica, sistemica e istituzionalizzata è il cuore della sintassi interna del popolo palestinese in questa terra. Si riflette ogni giorno, ogni ora, ogni momento, senza pause. Sfortunatamente, questo è vero non solo in Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est) e Gaza, ma anche all’interno dei confini riconosciuti di Israele, seppure la violenza e la resistenza si esprimano in maniera diversa. Ma dall’altro lato della Linea Verde, i livelli di stress, oppressione, amarezza, ansia e ira sono continuamente in aumento, come lo stupore della cecità israeliana che crede che la loro violenza possa rimanere per sempre sotto controllo.
Spesso il lancio di pietre è figlio della noia, di eccessiva spinta ormonale, imitazione, millanteria e competizione. Ma nella sintassi interna delle relazioni tra occupante e occupato, il lancio di pietre è l’aggettivo della questione “Ne abbiamo abbastanza di voi, occupanti”. Dopo tutto, gli adolescenti potrebbero trovare altre vie per dare sfogo ai loro ormoni senza il rischio di arresti, multe, ferimenti e morte.
Anche se si tratta di un diritto e un dovere, varie forme di fermezza e resistenza al regime straniero, così come alle sue regole e limitazioni, dovrebbe essere insegnate e sviluppare. Le limitazioni potrebbero includere la distinzione tra civili e chi porta con sé un’arma, tra bambini e chi è in uniforme, così come l’analisi dei fallimenti nell’usare le armi.
Avrebbe senso che le scuole palestinesi introducessero lezioni di resistenza: come costruire numerosi villaggi in Area C; come comportarsi quando l’esercito entra nella tua casa; come confrontarsi con le diverse lotte contro il colonialismo in altri Paesi; come usare la videocamera per documentare la violenza dei rappresentanti del regime; un giorno di lavoro alla settimana nelle terre al di là del Muro di Separazione; come ricordare i dettagli con cui identificare i soldati che ti lanciano dentro la jeep con le mani legate, al fine di denunciarli; come superare la paura degli interrogatori; e sforzi di massa per implementare il diritto al movimento. Pensateci, gli adulti palestinesi potrebbe utilizzare bene tali lezioni, ad esempio in sostituzione alle esercitazioni per disperdere le proteste e alla pratica di spionaggio dei post su Facebook.
Quando gli studenti delle scuole superiori due anni fa hanno dato vita alla campagna per il boicottaggio dei prodotti delle colonie, è sembrato un passo verso la giusta direzione. Ma finì lì, senza proseguire oltre, senza allargare il contesto. Tali lezioni sarebbe perfettamente in linea con le tattiche di appello alle Nazioni Unite – disobbedienza civile dal basso e sconfitta del potere della diplomazia.
Quindi perché non sono parte del curriculum palestinese? Parte della spiegazione è l’opposizione degli Stati finanziatori e le misure punitive di Israele. Ma ciò è anche dovuto all’inerzia, la pigrizia, mancanza di motivazione, malintesi e interessi personali di alcune parti della società. Infatti la logica che sta dietro l’esistenza dell’Autorità Palestinese ha dato vita ad una regola di base negli ultimi vent’anni: l’adattamento alla situazione esistente. Così, una contraddizione e uno scontro si sono venuti a creare tra la sintassi interna dell’ANP e quella del popolo palestinese.