mercoledì 12 dicembre 2012

Ci sarà GIUSTIZIA?!?


 – Palestinian centre for human rights. Comunicato stampa.
Il Pchr lancia la campagna ‘Palestina alla Corte penale internazionale’
Il 10 dicembre 2012, in occasione della giornata per i diritti umani, il Pchr ha lanciato la campagna ‘Palestina alla Corte penale internazionale’. Essa mira a incoraggiare le parti interessate, vale a dire lo stato della Palestina, il procuratore della Corte penale internazionale e la comunità internazionale, ad adempiere alle loro responsabilità garantendo giustizia e risarcimento alle vittime palestinesi per le violazioni del diritto internazionale.
Dieci anni dopo la creazione della Corte penale internazionale, istituzione creata per porre fine all’impunità per gli autori dei crimini più gravi, che riguarda la comunità internazionale nel suo complesso, il Pchr esige responsabilità per le innumerevoli vittime palestinesi a cui è stato negato l’accesso alla giustizia per così tanto tempo.
Gli autori dello Statuto di Roma hanno riconosciuto che “tutte le persone sono unite da stretti vincoli e che le loro culture formano un patrimonio comune”. I valori fondanti la Corte sono davvero universali, sulla base dei diritti che sono stati proclamati nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nel 1948.
Poiché l’articolo 2 afferma “(…) non sarà inoltre fatta distinzione sulla base dello status politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio a cui una persona appartiene, sia esso indipendente, fiduciario o non autonomo o con altre limitazioni di sovranità”.
64 anni dopo, innumerevoli popoli sono ancora discriminati e ci sono distinzioni enormi tra gli individui, semplicemente a causa dello status politico della terra in cui sono nati. Il popolo palestinese è sempre stato discriminato proprio a causa della mancanza di indipendenza nel loro territorio e della limitazione della sovranità imposta loro dopo la creazione dello stato di Israele – quello stesso anno.
La situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati peggiora di anno in anno. Il diritto all’auto-determinazione e alla realizzazione di uno stato palestinese appaiono come nobili ideali di fronte alla realtà dei fatti. La situazione in Cisgiordania e a Gerusalemme si sta deteriorando sotto l’occupazione e l’espansione degli insediamenti, con tutto il mondo come testimone. Nella Striscia di Gaza, 1,7 milioni di persone sono sottoposte a una forma odiosa di punizione collettiva, tagliate fuori dal mondo esterno e costrette a un non sviluppo.
Questo stesso popolo, persone protette dal diritto internazionale umanitario, è oggetto di attacchi continui. Durante la cosiddetta ‘Operazione Piombo Fuso’, la popolazione civile era nell’occhio del ciclone, e le era negata anche la possibilità di fuggire. Oltre l’80% di tutte le vittime erano civili. Tutto questo è avvenuto sotto gli occhi della comunità internazionale. Quasi 4 anni dopo, non c’è stata alcuna indagine adeguata a livello nazionale.
Peggio ancora, la comunità internazionale ha guardato ancora una volta come Israele ha condotto un’altra offensiva con attacchi sproporzionati e indiscriminati che hanno causato la perdita di molti civili. Quasi i due terzi delle vittime e il 97% dei feriti durante l’operazione “Colonna di Nuvola” erano civili. Precedentemente, l’operazione “Piombo fuso” è stato oggetto di indagine, un’altra offensiva su larga scala ha lasciato molte più vittime al suo passaggio.
Il “Fact finding mission” dell’ONU sul conflitto di Gaza ha scoperto che crimini di guerra e crimini contro l’umanità sono stati commessi durante l’operazione Piombo Fuso”. La cosa più importante è che il rapporto ha definito i meccanismi di responsabilità a livello nazionale e, in caso di fallimento, a livello internazionale. Come ha concluso la commissione di esperti dell’ONU “l’inchiesta ufficiale deve essere condotta da un organismo realmente indipendente, dato l’evidente conflitto insito nell’esercito che esamina il suo ruolo nella progettazione e nell’esecuzione dell’operazione Piombo Fuso”.
Il Pchr riconosce che la Corte penale internazionale è l’organo indipendente di principio in grado di condurre tali indagini e, in questo contesto, il Pchr lancia la sua campagna, “Palestina alla Corte penale internazionale”, che mira a incoraggiare le parti interessate ad assumersi  le proprie responsabilità nel garantire alla Palestina l’accesso alla Corte penale internazionale.
In primo luogo, lo Stato della Palestina deve firmare e ratificare lo Statuto di Roma, senza indebito ritardo, e presentare una dichiarazione alla  Corte di giustizia ai sensi dell’articolo 11 (2) e 12 (3) dello Statuto, accettando l’esercizio della giurisdizione da parte della Corte dalla data di entrata in vigore dello Statuto, il 1° luglio 2002.
A seguito dell’adesione della Palestina allo Statuto di Roma, il procuratore della Corte penale internazionale dovrebbe avviare un’indagine  per presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità che vengono commessi in Palestina in violazione dello Statuto, e richiedere l’autorizzazione alla Camera di giudizio preliminare per procedere ad un’indagine, ai sensi dell’articolo 15 dello Statuto. In seguito, il Procuratore della Corte penale internazionale dovrebbe riaprire l’esame preliminare, e prendere in considerazione gli elementi utili per aprire finalmente un’inchiesta sulla situazione in Palestina, portando la questione prima alla Camera preliminare per  una determinazione giudiziale della questione. Infine, spetta alla comunità internazionale sostenere gli sforzi del popolo palestinese per cercare giustizia alle violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani attraverso l’uso del principio di giurisdizione universale. 
"Agenzia stampa Infopal - www.infopal.it"
Fine della conversazione in chat

lunedì 10 dicembre 2012

L'inferno in Terra - Le prigioni israeliane

di Ralph Schoenman
Le carceri israeliane sono essenzialmente carceri politiche. I reclusi sono soprattutto palestinesi sospetti, accusati e, a volte – sulla base di confessioni sotto coercizione – “condannati” per aver realizzato, incitato o progettato atti di resistenza, pacifici o armati. Nonostante non ci siano statistiche sulla popolazione penale, il numero dei prigionieri che scontano lunghe condanne in carceri di massima sicurezza sfiora con ogni probabilità i 3.000; ci sono 30 donne palestinesi incarcerate a Neve Tertza, senza contare quelle portate dal Libano. Gli avvocati stimano che ogni anno vengano imprigionati nelle carceri israeliane 20.000 palestinesi, tra i quali più di 640 bambini.
All’interno delle frontiere del 1967 ci sono dieci carceri: Kfar Yonah, Prigione centrale di Ramle, Shattah, Damun, Mahaneh Ma’siyahu, Beersheba, Tel Mond (per giovani), Nafha, Ashquelon e Neve Tertza.
Nei territori occupati dal 1967 ci sono 9 carceri: Gaza, Nablus, Ramallah, Belen, Fara’a, Jerico, Tulkarem, Hebron e Gerusalemme.
Ci sono centri regionali di detenzione a Yagur (Jalameh) e Atlit, vicino ad Haifa, Abu Kabir a Tel Aviv e il Moscobiya (Complesso Russo) a Gerusalemme. A questi vanno aggiunti le caserme generali della polizia ad Haifa, Accra, Gerusalemme e Tel Aviv, i 18 distretti di polizia in tutto lo stato e i 40 posti di polizia nei territori occupati, tutti utilizzati per interrogare e torturare i detenuti.
Anche le installazioni militari di tutto il paese servono da centri di interrogatorio e tortura. I prigionieri concordano sul fatto che il più selvaggio di questi è quello di Armon ha-Avadon, conosciuto come il “Palazzo dell’Inferno” e “Palazzo della Fine”. Si trova a Mahaneh Tzerffin, vicino a Sarafand.
Infine, per custodire la grande quantità di prigionieri portati dal Libano durante l’invasione del 1982 e i giovani catturati nelle retate contro la mobilitazione di questi mesi, sono stati attrezzati accampamenti di detenzione che non hano altro riparo che tende. Sono diventati famosi per l’inumanità delle condizioni e per la tortura sistematica i centri di detenzione di Meggido, Ansar II (a Gaza) e Dhahriyeh.

Trattamento discriminatorio.
Le differenze tra le carceri per palestinesi nei territori occupati dal ’67 e nell’Israele di prima del ’67, cioè da entrambi i lati della “zona verde” non sono molto grandi. La prigione di Ashquelon, quella di Nafhta, la grande ala della prigione di Beersheba e l’ala speciale della prigione di Ramle, anche se si trovano nell’Israele di prima del ’67, sono grandi centri di detenzione per i palestinesi dei territori occupati dal 1967: la Margine Occidentale, Gaza Damun e tel Mond si utilizzano per la gioventù palestinese.
L’ubicazione fisica delle carceri influisce poco sulle condizioni. Le autorità carcerarie israeliane mantengono una rigorosa segregazione tra gli accusati di crimini e i giudicati di delitti “contro la sicurezza”, o prigionieri politici.
Dato che solo pochi ebrei sono prigionieri politici e solo pochi palestinesi – soprattutto dei territori occupati – sono prigionieri comuni, la separazione è di fatto una segregazione tra prigionieri ebrei e detenuti palestinesi. Non è permesso alcun contatto o comunicazione. Stanno in prigioni separate o in ali diverse della stessa istituzione.
Si fanno distinzioni anche tra i prigionieri palestinesi dei territori occupati dal ’67 e reclusi arabi israeliani, che sono palestinesi e drusi residenti in Israele da prima del 1967 ed hanno cittadinanza israeliana. Le condizioni di prigionia dei prigionieri del Margine Occidentale e di Gaza a volte sono peggiori di quelle degli “israeliani” di prima del ’67.
Ad alcuni – anche se non a tutti – dei prigionieri israeliani di prima del ’67 viene concesso un letto o un materasso. Godono di questo “privilegio” circa il 70% degli israeliani di prima del ’67. Possono anche ricevere una visita ogni due settimane e scrivere due lettere al mese. Gli si concedono 3 coperte in estate e 5 in inverno.
I prigionieri dei territori occupati dal ’67 dormono per terra in inverno e in estate. Gli si concede un materasso di gomma di mezzo centimetro di spessore, una visita e una lettera al mese.
Mentre lo spazio vitale medio per prigioniero nelle carceri europee è di 10,5 mq., nelle prigioni per palestinesi del Margine Occidentale e di Gaza essi godono di un decimo di questo spazio: 1,5 mq. per recluso.

Regime amministrativo per decreti.
La burocrazia carceraria è legge essa stessa. All’entrare in questo dominio il cittadino perde tutti i suoi diritti. Viene sottomesso all’autorità completamente arbitraria di persone selezionate per la loro durezza.
IL Decreto delle Prigioni (rivisto nel 1971) consta di 114 articoli. Non contiene nessuna clausola o paragrafo che definisca i diritti del prigioniero. Questo decreto detta una serie di norme legalmente vincolanti al Ministero dell’Interno ma è lo stesso Ministro che formula queste norme mediante decreto amministrativo. Nessuna disposizione stabilisce gli obblighi dell’autorità e non c’è clausola che garantisca ai prigionieri un livello di vita minimo.
In Israele è permesso per legge internare venti reclusi in una cella di non più di 5 metri per 4 e 3 di altezza. Spazio che comprende un gabinetto aperto. I prigionieri possono restare confinati in tali celle per 23 ore al giorno.

Il rapporto Kutler.
Il giornalista israeliano Yair Kutler pubblicò nel 1978 su Ha’aretz una vasta inchiesta sulle condizioni fisiche nelle carceri ubicate nell’Israele di prima del ’67. Yair Kutler chiama la vita carceraria in Israele “l’inferno in terra” e descrive ogni carcere in dettaglio. Il suo racconto è sconvolgente.
Kfar Yonah: alti funzionari chiamano questo carcere “Kevar Yonah” (la tomba di Yonah). E’ il centro di detenzione che terrorizza chiunque varchi la sua porta. I detenuti lo hanno chiamato “Meurat Petanim” o “il covo dei cobra”.
“Il ricevimento che aspetta i reclusi lì fino ad essere giudicati è orripilante”. Le celle sono terribilmente fredde e umide. I materassi squallidi, gibbosi e sudici, sono superaffollati. La maggior parte dei reclusi non hanno altro posto dove mettersi se non sul pavimento. L’odore dominante di escrementi umani, di sudore e di spazzatura non si allontana mai dalle celle chiuse con sette catenacci. Nell’ala D ci sono tre stanze in cui sono ammucchiati dodici, diciotto e venti detenuti.
Carcere Centrale di Ramle: Ramle è una delle prigioni più dure di Israele. E’ una vecchia caserma di polizia che era stata utilizzata come stalla per la cavalleria. Superaffollata e maleodorante, alberga settecento reclusi. Molti prigionieri non dispongono di un letto, di un angolo o di pochi metri quadrati. Spesso cento uomini devono dormire per terra. Ci sono 21 celle di isolamento. La luce solare non vi entra mai. Sono chiuse ermeticamente. Appesa al soffitto c’è una lampadina accesa giorno e notte. Oltre alle celle di isolamento Ramle dispone di una serie di celle sotterranee. Sono di 2 metri per 80 per 2 metri di altezza. Sono buie, sporche e puzzano terribilmente. Non ci sono finestre né lampadine. Una piccola apertura nella porta lascia penetrare un debole riflesso della luce del corridoio. Prima di mettere un prigioniero nella cella lo denudano e gli danno un camicione sporco. Una volta al giorno lo lasciano andare al gabinetto; per il resto del giorno e per la notte deve trattenersi. Può orinare in un tubo incastrato nella porta. Non ha diritto né ad una uscita all’aria né alla doccia. Spesso ci sono bastonate. Il più utilizzato è “il metodo della coperta”. Alcune guardie coprono la testa del prigioniero e lo colpiscono finchè sviene. Per evitare il confinamento, un prigioniero deve sapere come vivere una vita di totale sottomissione e auto degradazione.
Damun: la vita a Damun è “l’inferno in terra”. “Le condizioni di vita sono tremende e provocano raccapriccio a qualsiasi visitatore che arriva in questo luogo dimenticato da Dio”. Gli edifici asorbono il freddo e l’umidità. Cinque coperte non basterebbero per riscaldarsi. “Molti sono malati e la maggioranza disperata”. L’ala dei giovani ha condizioni ancora peggiori. L’affollamento è così terribile che i giovani possono sgranchirsi per due ore ogni quindici giorni e questo intervallo a volte si allunga.
Shuttah: Il sovraffollamento è terribile. L’odore si sente a grande distanza … Le celle sono buie, umide e gelate. L’ambiente è soffocante. In estate,durante il periodo di calore della valle di Bet Shean, la prigione è un inferno ardente.
Sarafand: Il “Palazzo della Fine” si trova dietro un alto reticolato che tutti i turisti che passano per l’ultimo tratto della strada da Gerusalemme a Tel Aviv possono vedere, a soli 8 chilometri dall’aeroporto Ben Gurion. E’ il perimetro di Sarafand, che ha una superficie di 16 km. quadrati e contiene i più grandi magazzino e polveriera dell’esercito. E’ anche il deposito del Fondo Nazionale Ebreo, che utilizza Sarafand per immagazzinare macchinari per la costruzione di nuovi insediamenti nell’Israele di prima del ’67 e nei territori occupati da quella data.
La relazione inesorabile tra occupazione, insediamenti, colonizzazione e il sistema di tortura inflitto ai palestinesi salta all’occhio. Sarafand - il centro della tortura - ha un significato storico.
Fu costruita prima della 2° Guerra Mondiale e servì come deposito principale regolamentare della Gran Bretagna. Fu uno dei più noti campi di concentramento per detenuti durante la rivolta palestinese contro il dominio britannico e la colonizzazione sionista della terra del 1936. Gli antichi edifici del Mandato Britannico furono semplicemente occupati dalle autorità israeliane, senza cambiare le loro funzioni, utilizzandoli per rinchiudere una nuova generazione di detenuti palestinesi. Il centro, conosciuto da ebrei e palestinesi durante l’era britannica come il “campo di concentramento” ha mantenuto il suo carattere e il suo uso.
Nafha: Un carcere politico: i prigionieri politici palestinesi non godono dello status di Prigionieri di Guerra ma si costruiscono accampamenti di prigionieri per loro. I suoi abitanti chiamano Nafha “il carcere politico”. Si trova nel deserto, a 8 chilometri da Mitzoe Raon e a metà della strada tra Beersheba e Eilat. E’ ubicata in una zona deserta, con terribili tempeste di sabbia. La sabbia invade tutto. Le notti sono estremamente fredde e il calore del giorno è insopportabile. Serpenti e scorpioni passeggiano per le celle. La cella tipica è di sei metri per tre. Ci sono dieci materassi per terra e non c’è spazio per altro. In un angolo un water primitivo con sopra una doccia. Mentre un prigioniero usa i servizi gli altri devono lavarsi o pulire i piatti. In una stanza come questa dieci prigionieri passano 23 ore al giorno. Per mezz’ora al giorno possono stare in un piccolo cortile di cemento di 5 metri per 15. Molti prigionieri sono malati, soffrono le conseguenze di ripetute torture e delle brutali condizioni di vita carceraria.


Pratiche di tutti i giorni nelle carceri israeliane.
I prigionieri politici hanno dichiarato molte volte che le condizioni nei centri di detenzione e nelle carceri, sia dell’Israele ante ’67 come nei Territori Occupati a partire dal ’67, sono studiate per distruggerli fisicamente e psicologicamente.
Bastonature: I prigionieri sono bastonati in tutte le carceri dell’Israele ante ’67 e dei Territori Occupati. A Ramle , questo si fa nelle celle sotterranee o “celle di isolamento”. Un certo numero di guardiani appendono il prigioniero e lo colpiscono con pugni, scarponi o manici di zappa che vengono conservati in un armadio vicino alle celle sotterranee.
Nel carcere di Damun lo si fa in modo più primitivo. Gli internati vengono bastonati pubblicamente nel cortile. Le guardie più brutali sono incaricate della “Posta”. Si tratta del veicolo di trasporto di detenuti che fa tre viaggi alla settimana dal centro di detenzione di Abu Kabir alla prigione di Shattah. Si ferma in tutte le prigioni dell’interno di Israele salvo che in quelle di Ashqelon e Beersheba. Ogni viaggio della “Posta” riporta un saldo di bastonature brutali. Al minimo pretesto le guardie fanno scendere la vittima dal veicolo alla prima fermata e “lo colpiscono sino a renderlo irriconoscibile”.
Isolamento: Legalmente, l’isolamento non è considerato una punizione. In realtà, pochi possono sopravvivere molti mesi in elle di un metro per due e mezzo per 23 ore al giorno. Ma nessun prigioniero che abbia cercato, verbalmente, di mantenere il rispetto di se stesso ha evitato periodi nelle celle di isolamento.
Lavoro: Il lavoro carcerario è lavoro forzato. E’ organizzato come “mezzo per rendere difficile la vita dei prigionieri”. Ai prigionieri politici viene assegnata deliberatamente la produzione di scarponi per l’esercito israeliano, reti di camuffamento, ecc.. A coloro che rifiutano vengono tolti “privilegi” come il denaro per la mensa, il tempo fuori dalla cella, libri e giornali, materiale per scrivere. Alcuni vengono puniti con l’isolamento. Il salario medio per questo lavoro è di 60 pesetas all’ora. Il lavoro forzato vuole massimizzare la tensione fisica e emozionale. E’ anche sfruttamento.
Cibo: E’ poco. I bilanci sono esigui. La carne, le verdure e la frutta assegnate ai reclusi sono spesso confiscate dai funzionari. Uova, latte e pomodori freschi sono considerati lusso per i prigionieri.
Cure mediche: Nel 1975 un prigioniero del carcere di Damun si tagliò i polsi e le gambe. Gli altri reclusi chiamarono la guardia. Arrivò una delegazione di guardiani. L’infermiere aprì la cella, afferrò il prigioniero e senza dire una parola cominciò a colpirlo al viso. Il prigioniero cadde al suolo, l’infermiere continuò a dargli calci. I prigionieri sono rinchiusi in edifici inadeguati. D’estate soffrono un calore bruciante. D’inverno l’umidità li intride fino alle ossa. Nella prigione di Ramle, durante l’inverno, un terzo della popolazione reclusa soffre di geloni a mani e piedi per il freddo tremendo. L’unico medicamento disponibile è la vaselina, ma anche questa è disponibile raramente. I prigionieri che scontano condanne di pochi mesi lasciano le carceri con inabilità permanenti. Le condizioni di illuminazione sono così cattive che i prigionieri soffrono di un deterioramento della vista. Le affezioni alle ginocchia e le ulcere hanno un’incidenza cinque volte maggiore tra i prigionieri rispetto alla popolazione in generale.
Asafir: A partire dal 1977 i prigionieri hanno fatto sapere che vengono torturati in ogni carcere anche da un piccolo gruppo di collaborazionisti, alcuni dei quali non sono veri prigionieri ma confidenti che si fanno passare per tali. Che siano prigionieri che collaborano o confidenti infiltrati nelle carceri, si tratta di un procedimento istituzionalizzato. In ogni carcere e centro di detenzione ci sono stanze speciali riservate per i collaborazionisti, conosciuti come “asafir” o “uccelli cantori”. Tra loro abbondano i criminali pericolosi, selezionati per la loro brutalità. Altri sono reclutati tra coloro che sono incarcerati come prigionieri politici nonostante non abbiano trascorsi politici. A questi vengono concessi privilegi a seconda dei servizi che prestano.

Non sono casi isolati.
Per quanto siano famose le pretese democratiche e umanitarie di Israele, le prove presentate qui, così come quelle accumulate in tutti gli studi sulla colonizzazione e la dominazione sionista in Palestina, smascherano questa facciata.
I casi individuali esaminati qui non sono casi isolati o prodotto di circostanze eccezionali. Fondamentalmente non differiscono da altri casi. I torturatori non sono poliziotti aberranti fuori di testa. Sono membri di tutte le sezioni della polizia israeliana e delle divisioni di sicurezza e operano nel compimento della loro missione.
La violenza è la norma del trattamento dei palestinesi, che siano contadini che portano i loro prodotti al mercato o giovani che lanciano pietre, cittadini palestinesi dell’Israele ante ’67 o palestinesi residenti nei Territori Occupati nel ’67 e successivamente.
La tortura è parte fondamentale del sistema legale, la coercizione è la strada della confessione e la confessione è fondamentale per condannare.
Il trattamento fatto ai prigionieri non cambia secondo il partito che è al potere. Se il Primo Ministro Menachem Begin classificava i palestinesi “bestie a due gambe”, la brutalità sistematica imposta al detenuto palestinese non è meno severa sotto i governi di Linea Laburista. Come disse il vecchio Primo Ministro David Ben Gurion, “Il regime militare esiste per difendere il diritto a stabilire insediamenti ebrei dovunque”.

(*Ralph Schoenman, studioso, giornalista e attivista del movimento per i diritti civili negli USA, è stato segretario generale della Bertrand Russel Peace Foundation. Tra il suoi libri “La storia nascosta del Sionismo”.

(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S. Giovanni)
"Mi legarono e mi picchiarono durante il tragitto per Fara'a (la prigione israeliana a Nablus). Una volta arrivati, mi portarono da un "dottore" per un "check-up". Scoprii in seguito che questo "check-up" serviva a scoprire qualche debolezza fisica su cui concentrarsi durante le torture. Fecero particolare attenzione alla mia gamba, che era ancora sensibile a causa di una ferita. Prima di iniziare l'interrogatorio, mi chiesero se ero pronto a confessare. Poi mi appesero per i polsi, completamente nudo, all'esterno, e mi gettavano addosso acqua fredda e calda, alternamente. Mi misero in testa un cappuccio cosparso di letame". Detenuto palestinese 15enne [1]
L'orrore per gli abusi, le torture e le esecuzioni di prigionieri iracheni da parte dei militari d'occupazione anglo-americani non sono "pochi incidenti isolati" perpetrati da "mele marce". Sono la punta di un iceberg di violazioni dei diritti umani e torture di cittadini iracheni, inclusi donne e bambini, sistematiche e diffuse.
Secondo la testimonianza di Rumsfeld, "il peggio deve ancora arrivare". "Ci sono altre foto che illustrano incidenti di violenza fisica verso i prigionieri, atti che possono essere definiti come vistosamente sadici, crudeli e disumani", ha detto. "... Temo che avremo momenti anche peggiori di questo". Rumsfeld e' il guru morale del Pentagono. Basta dare un'occhiata ai media britannici per avere una panoramica delle atrocità commesse dai militari britannici nel sud dell'Iraq. I soldati agiscono in base al loro addestramento ed al comportamento dei loro superiori. Le credenziali morali della "missione" dei signori Bush e Blair sono morte in Iraq ed oltre.
La tortura e' stata praticata sistematicamente nelle prigioni d' Israele contro i detenuti palestinesi fin dall'occupazione della Palestina del 1967. La Corte Suprema, con la piena consapevolezza ed approvazione delle amministrazioni americana e britannica, autorizzò la cosiddetta "tortura moderata" e quella con l'elettroshock nel 1987. Centinaia di migliaia di palestinesi sono stati incarcerati e torturati da Israele nei centri di detenzione dal 1967. Molti di questi centri sono ben noti in occidente per essere stati visitati dalla Croce Rossa.
Le prigioni israeliane sono modellate sul tipo delle carceri del Gulag, come ad esempio  la "segreta" Facility 1391, la famigerata Moskobiyya di Gerusalemme, Gush Etzion ed Ashkelon, dove i giovani palestinesi ed i membri della resistenza sono stati torturati dal Servizio di Sicurezza e dallo Shin Bet. Durante gli interrogatori, condotti spesso da immigrati russi, noti per la loro brutalità, molti palestinesi innocenti sono stati assassinati. La maggior parte delle vittime sono  adolescenti palestinesi, arrestati a caso "ai checkpoints, per strada o nelle loro abitazioni da soldati pesantemente armati. Essi vengono portati nei campi di detenzione nelle colonie o nei centri militari. Gli interrogatori prevedono sempre alcune forme di tortura, come la privazione del sonno o del cibo, le minacce verbali, le percosse con bastoni di ferro, pugni e calci, la costrizione in posizioni dolorose per lunghi periodi di tempo". 

Sono state dimostrate notevoli somiglianze tra i metodi d'interrogatorio usati dai SS israeliani e le forze USA in Iraq. Essi includono privazione del sonno, percosse violente, abusi sessuali, scosse elettriche e costrizioni in posture dolorose. Un membro della Knesset israeliana ha detto ad al-Jazeera: "Ci sono molti esperti di tortura israeliani, in Iraq, che stanno trasferendo agli americani la loro spaventosa esperienza, accumulata in 37 anni di torture e maltrattamenti dei palestinesi" [3]. Simili accuse sono state rivolte anche dal quotidiano libanese The Daily Star.
Nessuno ha criticato la propaganda occidentale nel predicare i diritti umani più del professor Noam Chomsky, il quale ha dichiarato: "Se non crediamo nella giustizia per coloro che disprezziamo, non ci crediamo per niente". Gli USA, la Gran Bretagna ed Israele hanno commesso le più gravi violazioni dei diritti umani contro le vittime delle loro brutali ed illegali occupazioni di paesi sovrani.
L'ex presidente del Sudafrica, Nelson Mandela, lui stesso vittima di abusi e torture a causa della sua resistenza contro l'apartheid, ha biasimato coloro che predicano la "democrazia" ed i diritti umani, "quei paesi potenti, le cosiddette democrazie, che manipolano i corpi multilaterali con grande svantaggio e sofferenza delle più povere nazioni in via di sviluppo. Tale genere di ipocrisia e' propaganda malata e dovrebbe essere rifiutata e condannata dai paesi davvero democratici".

domenica 9 dicembre 2012

Avi Mograbi - Regista israeliano

"Si può lottare contro un sistema sociale, un punto di vista. Ma quando la discriminazione fonda lo Stato allora tutto diventa inutile" 
( Avi Mograbi)

Intervista tratta dal quotidiano "Il Manifesto".
INTERVISTA - CRISTINA PICCINO 

Quando ci siamo incontrati a Roma, l'Onu non aveva ancora riconosciuto la Palestina come stato osservatore, eppure nel suo nuovo film, Once I Entered a Garden è come se Avi Mograbi avesse anticipato questa storica decisione. Andando ancora più lontano nell'immaginare un «altro Medio Oriente possibile», ispirato a un passato remoto, quando tutti si muovevano liberamente, potevano attraversare i confini, coltivare la propria terra, dividere una memoria e una cultura comuni. Ma Mograbi, israeliano, pensiero critico tra i più netti sulla società, la politica, i miti che fondano Israele, di cui nei film mette in luce paradossi e contraddizioni, non è tipo da fantasie fiabesche. È ironico, pieno di spirito, non sognatore. L'ottimismo, mi dice davanti a una tazza di caffé doppio, forse è nel film, ma non nella mia visione delle cose. E guardando le sue immagini, come quelle degli altri suoi film (da Per uno solo dei miei occhi a Z32) di ottimismo non ce ne è molto. Basterebbe il momento in cui la piccola Yasmin, la figlia del protagonista, mentre passeggiano davanti alla casa che era del padre da bambino, fugge via all'improvviso in lacrime. Non c'è una ragione apparente alla sua angoscia se non il sentimento doloroso che il padre trattiene davanti alla macchina da presa e davanti a lei. Così violento da diventare suo malgrado evidente fino a farla piangere.

Once I entered the Garden (presente al festival Filmmaker, a Milano, www.filmmakerfest.com) è la storia di un'amicizia, tra Mograbi e Ali, il suo insegnante di arabo, e la lingua diviene uno dei primi territori di confronto e di scambio. Il regista sfogliando dei vecchi archivi ha trovato tracce della sua famiglia a Beirut, in Siria, tutti luoghi nei quali adesso non può più andare col suo passaporto israeliano.

Anche la famiglia di Ali viene da Damasco e anche per lui tornare nei luoghi delle sue origini è impossibile. Ali è uno degli 11 milioni di palestinesi sparsi nel mondo, ha deciso di restare in Palestina, ora Israele, vicino ai luoghi da cui lui e la sua famiglia sono stati cacciati per sempre. E ha sposato una donna ebrea, una scelta molto complicata per entrambi. La sua forma di resistenza è vivere lì, e provare a essere un cittadino come gli altri, che di per sé è una lotta durissima, e lo diventa ancora di più di fronte alle case che ti sono state portate via, agli spazi chiusi, su cui campeggiano le scritte in ebraico «vietato l'accesso agli estranei». La sua città è ora un insediamento, lui è un estraneo.

Yasmin però sorride alla macchina da presa mentre racconta: «A scuola quando gli altri bambini hanno saputo che ero in parte araba, hanno avuto reazioni strane. Le cose ora vanno abbastanza bene ma c'è sempre qualcuno che mi prende in giro o mi attacca su questa cosa». Lo dice così, sorridendo, senza lacrime stavolta. Yasmin non conosce il sentimento della perdita, il suo è un desiderio di affermare la propria esistenza, di stare lì coi suoi diritti uguali a quelli degli altri. «Yasmin è invece il futuro, persone così mi fanno credere che è ancora possibile cambiare», dice Mograbi. Lui, che è sempre anche protagonista dei suoi film, aggiunge elementi biografici attuali, ci parla della sua storia d'amore con una donna libanese, non si possono vedere perché nessuno dei due è ammesso nei reciproci paesi. «Incontratevi a Malta», suggerisce Alì. «Il presente ha bisogno di consapevolezza, la nostalgia non serve a nulla», dice ancora Mograbi.

«Once I entered a Garden» è costruito su una relazione di amicizia, ma anche, o forse soprattutto, sul sentimento di vivere in bilico che sembra essere una caratteristica della società israeliana.
Chiariamo subito una cosa: Alì è palestinese, è un arabo israeliano, la sua posizione è molto diversa da quella di un israeliano ebreo come sono io. Che ho alle spalle una famiglia importante, sono cresciuto nella classe agiata di Tel Aviv, mentre Alì è un rifugiato cacciato via dalla sua casa, cresciuto ai margini. Il mio vivere «a metà» è più che altro metaforico, è legato al fatto che non accetto le regole della società israeliana. Ti faccio un esempio: due giorni fa Alì e sua moglie hanno preso il volo per Roma. Sono sposati, sono entrambi cittadini israeliani ma ai controlli hanno fermato solo Alì chiedendogli di mostrare un altro documento. Lui si è rifiutato esigendo una spiegazione, che nessuno gli darà mai, perché nessuno dirà mai che Alì in quanto arabo è un cittadino di categoria inferiore. Situazioni del genere sono continue. Alì continua a vivere nella società ebraica, e rifiuta con le sue scelte le separazioni che Israele costruisce ogni giorno. Ma è molto dura, lo è stato con le famiglie, adesso c'è Yasmin che rappresenta una connessione tra di loro, lei ha un legame molto forte coi nonni...

A quanto racconta nel film Yasmin, il razzismo è radicato profondamente nella società israeliana.
Sì ma il problema nei confronti dei cittadini arabi è un altro: la discriminazione è ufficializzata. I palestinesi sono cittadini di secondo grado perché Israele è uno stato ebraico. Si può lottare contro un sistema sociale, contro un'educazione, un punto di vista. Ma quando la discriminazione, come accadeva nel Sudafrica dell'apartheid, fonda lo stato allora tutto diventa inutile.

Nelle vostre conversazioni con Alì parlate spesso di come il Medio Oriente sia stato diviso, quasi a provocare volontariamente il conflitto.
L'idea della separazione è molto antica, c'è sempre stata, e quando il Medio Oriente era più aperto, il potere coloniale ha fatto di tutto per dividerlo fino alla decisione di tagliarlo a pezzi. Del resto è sulla divisione che il colonialismo ha basato la sua durata.

Nell'intreccio di storie del passato che racconti, che sono anche tanti aspetti del Medio Oriente oggi dimenticati, si possono trovare indicazione da seguire ancora attuali? Alì, in un momento del film, guarda alla televisione le rivoluzioni arabe...
Mi piaceva l'idea di ripercorrere diverse immagini del Medio Oriente per fantasticare sul futuro... Che è incarnato da Yasmin, è piccola ma molto razionale, non pensa più a cosa ha perduto ma comincia da dove è adesso, e questo le permette di sognare un futuro diverso. Le rivoluzioni arabe sono entrate nel film perché Alì passava in quesi giorni molto tempo davanti alla tv, ma anche perché credo rappresentino un punto di rottura nella nostra Storia unico. La gente si è ribellata ai dittatori, non sappiamo cosa accadrà e come finirà, tutto è ancora in costruzione, ma ecco che già ci affanniamo a dire che forse non stanno andando verso la «meravigliosa» democrazia occidentale. Il cambiamento è un processo lungo, e anche conflittuale, la religione è sicuramente una scelta molto pericolosa, e per questo dovremmo supportare ancora di più le persone che vogliono cambiare le cose, conquistare una libertà di espressione che forse è anche il prodotto di questo scontro tra laici e religiosi.

Israele si definisce uno stato democratico.
L'unico stato democratico in Medio Oriente, con una discriminazione tra cittadini ebrei e arabi sancita per ordinamento, e tre milioni di palestinesi sotto occupazione. Inoltre negli ultimi anni, la politica israeliana è sempre più neoliberista, ci sono tagli continui a sanità e spesa pubblica. Si può vivere bene in Israele solo se si è ebrei, ricchi, sani, alti e belli.

Nel film uno dei riferimenti è Beirut, un luogo che è fortissimo nell'immaginario del Medio Oriente
Beirut fa parte della mia storia familiare, un cugino di mio padre abitava lì, se ne è andato quando è stato fondato lo stato di Israele, poi è tornato a Beirut negli anni 60, e poi ancora a Tel Aviv dove lo hanno arrestato pensando che fosse una spia. La prima idea era di fare un film sulla mia famiglia. Mentre la raccontavo, Alì narrava quella della sua, che era più interessante di quella del cugino paterno, tanto che è diventato Alì il protagonista. Ma Beirut è rimasta, immaginando la mia storia d'amore con una donna libanese oggi. Un altro segmento nell'impossibile. Ho avuto solo un'occasione di andare a Beirut, invitato dal signor Sharon (in guerra, ndr) ho rifiutato. Sono finito in prigione, ma questa è un'altra storia.

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«Once I entered a Garden» - Sono entrato nel mio giardino.

Marco Chiani

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Locandina Sono entrato nel mio giardino
filmografia:




venerdì 7 dicembre 2012

ISRAHELL...CANE RABBIOSO!

Quando si viene attaccati da un cane randagio rabbioso laìunica regola da seguire è questa: abbassare lo sguardo e rimanere immobili dimostrando la totale sottomissione se si vuole avere qualche possibilità di salvezza. Israele è esattamente come un cane randagio...rabbioso. Randagio perchè sta vivendo in una terra non sua che si è arrogata il diritto di chiamare Stato di israele.....dall'oggi al domani..ma nella sostanza il suo carattere "randagio" rimane, perchè lei stessa sa benissimo che niente di tutto ciò che ha indebitamente rubato potrebbe appartenere alla sua storia o alla sua cultura. Rabbiosa perchè non è riuscita a sottomettere i palestinesi come avrebbe voluto e non è riuscita a far credere al mondo le sue immani fandonie che vorrebbero ritrarla come un paese democratico...... Il mondo che fino ad oggi aveva tenuto gli occhi bassi restando immobile difronte ai suoi bavosi denti denti dbestia feroce, ora ha avuto l'ardire di guardarla negli occhi a mo' di sfida dicendole chiaramente: NOI TI OSSERVIAMI::::NOI TI CONOSCIAMO PER I TUOI MASSACRI CONTRO CIVILI INERMI, Questa posizione chiara e inoppugnabile, ha provocato reazioni abnormi: Isrele sta cercando di ultimare il suo piano espansionistico nella maniera più feroce possibile...sta mordendo...anzi: sbranando.un popolo che ora c'è ed è proprio in quella terra dove è sempre stato , mentre Israele ha commesso e continua a commettere un genocidio !
Dopo il riconoscimento da parte dell'ONU della Palestina STATO, il CANE RABBIOSO, ISRAHELL, fin dal giorno dopo ha iniziato a mordere : ha ucciso un ragazzo di 20 anni mentre lavorava la sua terra ferendone altri 11 ,...................2 membri della resistenza palestinese sono stati uccisi da un attacco aereo.................. Ferisce altre 16 perone fra i civili ..........le Foi  aggrediscono ancora i pescatori della Striscia di Gaza.  (almeno 3 aggressioni contro i pescatori palestinesi).......................... Usano la forza per disperdere una manifestazione pacifica di protesta contro gli insediamenti in Cisgiordania ferendo civili con lancio di lacrimogeni.........le Foi hanno fatto 92 incursioni nelle comunità palestinesi in Cisgiordania e 2 nella Striscia di Gaza ................hanno arrestato 60 palestinesi, tra cui 5 bambini e 2 donne (una delle quali è la moglie del prigioniero palestinese, Bassam al-Sa’di.)............Continua imperterrito il suo insediamento: demolisce due case nel quartiere di Anata ‘e al-Tour....pubblica una gara d'appalto per la costruzione di 1.200 unità abitative negli insediamenti di Pisgat Ze’ev e Ramot. ............ istituiscono altri 10 check point in Cisgiordania e arrestano 11 palestinesi tra cui 4 bambini e una donna nei posti di blocco in Cisgiordania..................continuano le attività di colonizzazione in Cisgiordania e i colono israeliani continuano ad attaccare i civili e le proprietà palestinesi. Due case a Jericho,due a Salfit e una casa a Hebron sono state demolite. ....................pubblicano una gara d'appalto per la costruzione di 70 unità abitative presso l’insediamento di Ariel nel nord della Cisgiordania..........continua ad emettere avvisi di demolizione di case e strutture civili..........investe un bambino ....uccide il guidatore di un auto inseguito ad incidente automobilistico..........e questa è solo una parte !
Israhell continua ad imporre un assedio totale sui territori palestinesi e ad isolare la Striscia di Gaza dal resto del Mondo ! 
 Io ho paragonato un cane rabbioso ad Israele , ma credo di dovere le mie scuse al cane perchè esso per essere diventato rabbioso ha dovuto certamente subire delle ingiustizie, mentre Israhell non ha, non può avere giustificazioni di sorta per quello che ha fatto e per tutto ciò che sta continuando a fare, fregandosene anche dei fari che ora sono accesi su di lei!


lunedì 3 dicembre 2012

Israele ha rotto il cessate il fuoco.



Amici di Gaza: Israele sta pericolosamente continuando a rompere il cessate il fuoco. 
( Maria Del Mar Fernandez 3 dicembre 2012)

Maria del Mar Ferndandez è uno dei membri del consiglio di Free Gaza. Lei rimarrà a Gaza fino alla fine dell'anno e  scriverà relazioni periodiche .Negli ultimi 4 giorni, gli israeliani hanno arrestato 31 pescatori, hanno  distrutto una barca, sequestrata un'altra per tre anni, hanno distrutto 4 motori di barche. Si dice anche che gli israeliani non stanno sparando idranti , ma fuoco vero, e quando  arrestano i palestinesi, durante gli interrogatori cercano di ottenere informazioni su attivisti internazionali.

La maggior parte dei pescatori hanno deciso l'altro ieri di non andare in mare, perché non possono sopportare che i pescatori vengono arrestati e le barche gravemente danneggiato. C'è ancora un pescatore trattenuto in carcere. Essi hanno anche deciso di aspettare per i prossimi dieci giorni, in modo che le conversazioni a Il Cairo per il cessate il fuoco siano  complete per potere  essere sicuri di potere pescare entro le 6 miglia nautiche. La maggior parte delle informazioni è pubblicato da PCHR a Gaza.

Mercoledì, 5 dicembre, i pescatori e gli internazionali dimostreranno al porto, e ci è stato chiesto di portare le bandiere per rendere visibile il nostro sostegno e di diffondere la notizia il più possibile.

Ieri, alcuni pescatori hanno avuto il coraggio di andare a pescare, perché hanno detto che preferiscono morire piuttosto che non portare   il cibo per le loro famiglie.
Per quanto riguarda gli agricoltori, gli israeliani hanno sparato a Beit Lahya dove abbiamo visitato una delle famiglie. Anche ieri gli israeliani hanno sparanto contro gli agricoltori e gli internazionali nella zona cuscinetto di Khan Younis. Ecco perché Rosa Schifano, attivista italiana internazionale qui a Gaza , ha chiesto che la maggior parte di noi oggi, andassimo a sostenerli. 
Ma nelle prime ore del mattino hanno telefonato che c'era tiro pesante ( con incendio reale ovviamente) e non potevano andare nelle loro terre, in queste condizioni, anche accompagnati da internazionali. Così, alcuni di loro sono andati solo per intervistare gli agricoltori.

La dichiarazione per i parlamentari europei e per il  mondo intero dovrebbe essere che Israele sta rompendo pericolosamente il cessate il fuoco e che  la gente non sopporta questa situazione di avere negati i propri diritti più elementari alla vita, e alla sicurezza.

Due persone sono morte dopo il "cessate il fuoco" con una bomba inesplosa del l'ultimo attacco.

PERCHE' MUJAHIDIN ?

ISRAELE all'indomani della proclamazione a Stato "osservatore" della Palestina...........ha demolito delle case nella west bank annunciando la costruzione di 3000 abitazioni per i suoi coloni......ha attaccato un peschereccio ferendo gravemente 2 dell'equipaggio e altri 4 meno.......oggi ha lanciato su Gaza una bomba sonora......e sul cielo di Gaza in questo momento volano degli F16.............PORCAPUTTANA COSA FA L'ONU?????????????????ecchecazzooooooooooooooo. BELLA GARANZIA QUESTO FACSIMILE DI RICONOSCIMENTO!

Non chiediamoci perchè un ragazzo palestinese può decidere di essere un mujahidin........noi non abbiamo alcun diritto di giudicarli. Chiediamoci invece perchè sono cresciuti col terrore nell'anima, perchè non vanno a divertirsi in un pub o in discoteca............., perchè diventano adulti a 15 anni, perchè hanno imparato ad odiare, perchè sono diffidenti? perchè sono arrabbiati?????????? PERCHé??????????ODDIOOOOOOOOO PERCHE'  IO ODIO ISRAELE CON TUTTA ME STESSA?




oggi 03/ 12 / 2012 
ECCO CHI SONO....ANZI...COSA SONO GLI ISRAELIANI!: inseguito ad un incidente stradale , in cui sono rimasti feriti 5 soldati israeliani....essi hanno sparato ed ucciso il guidatore dell'auto!
after when they had the accident,Israeli soldiers firing at Palestinian ,and led to his death ..today 03.12.2012

شبكة قدس | صورة الجيب العسكري التابع لجيش الاحتلال الذي انقلب جراء الاصطدام بمركبة الشهيد حاتم شديد ظهر اليوم مما أدى لإصابة 5 من جنود الاحتلال، ليقوم الجنود بملاحقة الشهيد شديد وقتله.

domenica 2 dicembre 2012

UN FIGLIO DELL'UOMO

PERCHÉ IO SONO UN BAMBINO

Guardami negli occhi, presidente del Fondo Monetario Internazionale, guardami negli occhi manager multinazionale, guardami negli occhi politicante occidentale, dell'est, del sud, del nord; guardatemi negli occhi, 
voi, capi delle chiese umane... guardatemi bene negli occhi perché tra poco non ce la farò più io a reggere il vostro sguardo. Ho camminato da quando ho imparato a camminare; ho scavato da quando ho imparato ad usare le mani; ho pensato da quando il mio cervello ha iniziato a decifrare il muro che mi ostacola in ogni dove. E tutto questo l' ho imparato quasi sempre per mangiare. Quelle poche volte che ci sono riuscito.Voi sapete cos'è la fame, tanto che mangiate ogni minuto, producete sempre di più perché "non si sai mai", perché avete il terrore di trovarvi senza mangiare. Lo avete provato solo quando siete nati. Un ricordo ancestrale che vi terrorizza. Quegli istanti nei quali il vostro pianto straziante annunciava l'urgente, inderogabile necessità del mangiare. Guardatemi bene negli occhi, non fate finta di non capire. A me, quel pianto straziante, quel pianto giusto, non mi ha mai abbandonato. Solo adesso forse, mi lascerà. Se qualcuno spiega i perché di questo nostro lento addio, lo lasciate a parlare nella notte delle coscienze, magari gli date un premio purché, poi, taccia per sempre. Se qualcuno cerca di risolvere i perché di questa sistematica condanna a morte, lo schiacciate come un insetto fastidioso.
Parlate di pace, ma non ce n'è uno di voi che rinuncerebbe ai soldi delle armi; parlate del mondo diseguale e continuate a renderlo tale.
Io sono proprio arrivato alla fine ma voi non potete alzare la testa, dovete guardarmi, quaggiù, ancora negli occhi... Dovete guardare qui sotto, dove non avete mai guardato veramente; dovete guardarci, noi bambini.
Ci avete tolto l'infanzia e parlate di democrazia. Dite: "ma una volta era peggio". Forse, ma sicuramente, quella volta, era meno cinica. Non arrivava nessuno in aereo a dirci "vi aiuteremo" e poi l'oblio del silenzio che copre la menzogna.
Voi avete chiuso la porta sulla vostra vita. Credete che si "è" solo se si abbandona la propria infanzia. Niente malinconie. Adesso, maturi, proiettati verso il futuro, più forti e belli che mai; pronti alle sfide; adesso basta un "click"; senza storia, né memoria.
Per questo vi ho continuato a dire "guardatemi negli occhi"; perché io sono la vostra storia, quella vera, e sono quindi il vostro fallimento. Me ne vado senza speranza, io, che della speranza sono l'essenza, e sono troppo piccolo per pensare che qualcuno dopo di me cambierà questo mondo ipocrita.
PERCHÉ IO SONO UN BAMBINO E VOLEVO SOLO VIVERE PRIMA DI MORIRE...
(anonimo)